2012-06-28

Dovremo abituarci a questa faccia, noi fanatici del rugby italiani?

Per capirlo, nulla di meglio che ascoltare. Sono tanti gli spunti che desideriamo condividere,   arrivati dalla presentazione del candidato dell'establishment Fir alla presidenza federale per il prossimo quadriennio. Si tratta come noto del bresciano Gavazzi Alfredo, fondatore del Calvisano Rugby, quattro mandati da consigliere federale: quanti Dondi da presidente ma non sempre a lui "allineato" come l'altro veterano, il toscano Saccà, anche lui presente a portare almeno formalmente il suo sostegno. Certo che questo "compattamento" di tutte le anime Fir dà il senso di quanto seria sia stata valutata la minaccia Benetton.

La gente si valuta a partire dalle piccole cose: importante elemento di valutazione dell'uomo per il ruolo che ambisce a ricoprire è la lingua inglese, requisito fondamentale per uno che dovrà parlare sovente con i membri non solo della Irb e coi finanziatori primari Rbs e Erc, ma anche con il board celtico. Abbiamo l'apparenza del classico "autodidatta di provincia": nella intervista qui riportata lo si sente pronunciare un significativo e tristemente comune kno-aut (voleva dire non knock out ma know how).

- Intanto è significativo il luogo prescelto: Moletolo frazione di Parma, un luogo che significa continuità con la gestione precedente ma lega il nuovo candidato al più che probabile ultimo insuccesso della gestione Federale precedente, la Nuova Franchigia Celtica. Insuccesso almeno per via dei piedi pestati per crearla - sono tanti e non solo a Viadana; non vorremmo gufare ma data l'ottica hard discount usata per allestirla anche sul piano del roster,  si profilano mesi se non anni di acuta sofferenza per un pubblico che come lo stadio non c'è (ma che "faranno innamorare", parole del nuovo ds Manghi: auguri).

- L'altro elemento di continuità è la "mano sulla spalla" del presidente uscente Dondi, introduttore ufficiale alla presentazione del candidato. Noi non vediamo nulla di eticamente scorretto nell'endorsement dondiano: è il candidato ufficiale della casa e a noi piacciono le cose chiare, alla luce del sole. Siamo felici che in epoca di coming out conclamati e reclamati, almeno ci siano state risparmiate ipocrisie "corrette".

Infastidisce la tronfia arroganza di un molto stizzito Dondi che chiama a raccolta i clientes affermando: "Gavazzi non ha fatto i conti ma io si e so che vincerà"? Beh, dopo 16 anni di Bulgaria troviamo sia il minimo. Purtroppo è tanto arrogante quanto probabilmente vero: se coloro che auspicano il cambiamento si aspettavano strade in discesa, forse non avevano afferrato bene la situazione.

- In termini di "programma" - meglio sarebbe dire, intenzioni di massima - il segno com'è logico è quello della continuità ("lo chiedono i nostri partner internazionali", minaccia Dondi manco fosse Monti), ma il Gavazzi coerente col suo passato di notorio carattere tosto (è continuità anche questa), già inizia a smarcarsi leggermente: nel suo italiano-padano dice "no a scombussolamenti", ma anche si a «elementi di rinnovamento, perché i tempi si evolvono e bisogna sempre adattarsi alle novità». Una minimale apertura alle istanze sintetizzate nel comunicato della Benetton e dettagliate con dovizia di particolari nei "Tinelli" di Vittorio Munari? Vedremo.

In particolare Gavazzi afferma di volersi interessare al disastro del settore giovanile: interesse che ben depone - ma dipende come. Fa cenno all'intenzione di costruire qualcosa per le "leve" del '97, '98 destinate ai Mondiali in Giappone del 2019 (per quelli del 2015 di Londra, purtroppo chi ha dato ha dato).  Pone anche, nell'intervista video sopra allegata, un corretto cenno alla priorità di formare i tecnici - e gli arbitri.

- L'elemento caratterizzante della candidatura Gavazzi è sostanzialmente un non si cambia la squadra che vince. Sempre dall'intervista sopra detta: "Nel 1995 ero tesoriere e la Fir aveva un bilancio di 8 miliardi" dichiara,"oggi siamo tra i 37 e i 38 milioni di euro", svelando uno dei segreti dondiani gelosamente conservati, pur senza entrare nei dettagli. L'altro aspetto sarebbe l'espansione: i sold out della Nazionale a San Siro e all'Olimpico, i "novantamila iscritti contro i 26.000 del '96, alcuni scritti in matita".

Il senso del primo punto è, vedete quanto ripaga investire la gran parte del budget federale sulla Nazionale, l'alfa e l'omega del rugby in Italia? L'obiezione è facile: nicht fur uns  alles fur Azzurri federale, ma quanto si potrebbe aver di più se si fosse capaci di vincere un po' più spesso? Per vincere di più servono giocatori forti, per averli servono club forti, è questo il senso della sfiducia a una gestione federale che sta soffocando i club nel territorio e puntando alla quasi autosufficienza del circuito nazionale-franchigia federale-accademia, con tanto di usucapione dei cartellini dei ragazzi. E poi, va ben guadagnare ma se si spende in modo improduttivo, bene non va per niente.

Anche il secondo "punto forte" sfiora l'autogol: confrontiamo con il numero di praticanti di Francia, Paese con numero di abitanti simile al nostro? E poi tutti sanno che circa un terzo dei tesserati italiani sono senior; tolti questi siamo a una crescita del 130% circa in sedici anni, veramente poco anche se fossero euro. Evitiamo pure il confronto con gli oltre 300.000 iscritti nel 2011 al basket o al volley, lo smacco Fir è che in Italia ci sono 113.000 iscritti alla federazione badminton ... Una federazione che vanta il secondo budget dopo il calcio ma non compare tra le prime dieci federazioni Coni per numero di tesserati: c'è poco da vantarsi, i numeri dicono che questa dirigenza non sa ben spendere quel che incassa (come l'Italia che non seppe/volle ridurre il deficit negli anni di tassi bassi).

- No, non ci par certo il programma il punto forte del candidato dell'establishment. Con buona pace di Dondi che afferma: «Il programma federale c’è, è molto chiaro, ambizioso ed è noto a tutti. Mi fa strano che chi dice di essere al vertice del rugby italiano faccia finta di non conoscerlo.». Forse confonde programma con obiettivo: quell'antico, sbugiardato sogno rilanciato ancora una volta di "raggiungere i primi otto posti nel ranking entro due anni". Nulla di male a far sogni ambiziosi, ma un piano è descrivere come si realizzano: evidentemente il presidente uscente non sa cosa sia e come si faccia un Business Plan - non parliamo poi di Balanced Scorecard per misurarne i progressi. Nessuno dei suoi scalzacani gli ha mai stampato (e tradotto) documenti di quel genere dai siti della Irfu, Sru o Rfu. Da ignorante (nel senso che ignora) fa allora emergere il lato sanguigno, immaturo e provinciale: "non saprebbero gestire una federazione" (dopo di me il diluvio),  il senso di lesa maestà: «Mi sarei aspettato lealtà e confronto». Confondere confronto con applausi, la faccenda è grave, una volta si diceva sudamericana. C'era piaciuto di più a caldo il presidente, quando disse: "Forse non sono più adatto a questi tempi". Ora invece prova anche fare il pungente: «Io non mi sono mai candidato contro qualcuno». Bah.

- Vien proprio da pensare che  il punto debole di Gavazzi si chiami proprio Dondi. Lo è sicuramente per la stragrande maggioranza degli appassionati a leggere forum e blog in questi giorni, altro che Treviso. Le sparate da Gran Califfo offeso accompagnate dalla assenza di trasparenza, sul bilancio ad esempio: un autogol che dà automatico àdito al sospetto anche nei confronti della più adamantina delle amministrazioni. L'endorsement del presidente uscente è contemporaneamente però il punto di forza del Gavazzi, se riuscirà il trasferimento della sua base elettoral-clientelare.

- Molto dipende dall'altro fronte: non tanto Amore, candidato da sé e per sé, quanto da chi sarà il "champion" designato del fronte Benetton, dalla capacità di aggregare gli scontenti - tutto il Veneto e Viadana tanto per cominciare. Sarà scontro a base di palloni, magliette e promesse in giro per le Società, come nel passato? Se la Toscana pare in mano a Saccà, già Rovigo ad esempio ha messo in chiaro che non ha un consigliere in Fir da decenni; perdonateci la sintesi, ma è come dire che in Polesine "ricevono amici". Anche tutto il Sud si aspetta qualcosa, a partire dal Lazio lasciato a secco di Celtic - un cavallo di battaglia di Gavazzi da molti anni, già col Calvisano rev.1.0 che per quel motivo uscì con la Benetton dalla Lire, la Lega dei club Pro italiani, decretandone la fine.

Il rischio insomma è come spesso accade, che la battaglia sui massimi principi si trasformi in un do ut des di basso livello; che il referendum sui risultati della gestione Dondi, inizi e soldi guadagnati ma mal spesi a parte, meno trionfali di quanto gli piaccia, trasmuti in una reverse auction. D'altronde, qualcuno disse che la politica è sangue e merda.

- In tale prospettiva, qui lo diciamo e qui lo neghiamo, non ci stupiremmo che l'eterna anima negoziale veneta - han i cromosomi di chi commerciava col Turco mentre poco distante s'impalavano a vicenda - trovasse un qualche tradeoff con l'esponente lombardo. Andare ai materassi non conviene ai trevigiani ma sarebbe anche nell'interesse del Gavazzi finirla con le stucchevoli contrapposizioni dondiane contro quelli che "dicono di essere al vertice del rugby italiano". Il bresciano pare uno scarpe grosse come il parmense, ma forse a suo vantaggio è privo di "sindrome da Maria Luigia" (tradotto: io so' io e voi ....).
La possibilità di un abboccamento tra le parti spiegherebbe in parte il ritardo nel presentare un candidato del fronte della sfiducia a Dondi. Una trattativa che, portata in porto, sarebbe il vero modo per Gavazzi Alfredo di smarcarsi dalla tutela di un padrino mai troppo digerito  e troppo simile a lui, svincolandosi da una immagine di as-soldato - private- che poco si aggrada alla sua combattiva storia personale.

Andasse così, sarebbe palpabile la delusione degli italiani: amano vedere il sangue scorrere - alla televisione. La speranza è che almeno non si tratti di compromesso al ribasso: niente palloni, no a un paio di equiparabili in più. Un posto di vicepresidenza a Zatta o chi per lui, a fianco di quello certamente garantito a Saccà, azzardiamo? Il tempo darà le risposte.

- Non dovrebbe mancar poi molto: il Coni fa pressione affinché la Fir sistemi al più presto le pendenze formali (Nuovo Statuto, nuove modalità elettorali, nuovo consiglio) e anche a Gavazzi potrebbe convenire una elezione  a settembre, prima che i probabili schizzi di fango sollevato dagli zoccoli delle Zebre si facciano troppo alti. In alternativa il suo fronte potrebbe decidere di puntar tutto su Brunel e un Sei Nazioni 2013 di successo, fissando le elezioni a marzo. Segnalerebbe la  difficoltà a raggiungere il famoso compromesso, ma anche un certo nervosismo su quello "spezzeremo le reni a Treviso" calato con tracotanza dal Dondi.

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