2015-04-22

Le Radici – un po’ di storia …

Diversi studi identificano le prime piante d’Ulivo, con molta probabilità, in Asia occidentale e delle sue caratteristiche è profondamente legata la storia dell’umanità. Fertilità e rinascita, simbolo di pace e valore, elemento di forza e purificazione, di resistenza alle ingiurie del tempo e delle guerre, da sempre l’ulivo è un simbolo trascendente di spiritualità e sacralità.

Accertato che la coltivazione della pianta ha avuto origine almeno 6.000 anni fa, il suo probabile habitat originario fu la Siria, dove i popoli di cultura semitica furono i primi a pensare di trasformare una pianta selvatica in una specie domestica. Da lì, il suo trapianto in Grecia fu facile e da quel momento divenne indispensabile per le popolazioni antiche di tutto il Mediterraneo.



Nell’Antica Grecia agli Ateniesi vincitori venivano offerti una corona di ulivo e un’ampolla d’olio, mentre gli antichi Romani intrecciavano ramoscelli d’ulivo per farne corone, con le quali premiare i cittadini più valorosi. Ancora, gli atleti, in particolare coloro che si dedicavano alla lotta, usavano cospargere i muscoli di purissimo olio, sia per il riscaldamento degli stessi, sia per contrastare la presa degli avversari e liberarsi facilmente.

Caratteristiche

L’olivo appartiene alla famiglia delle Oleaceae. La pianta inizia a produrre i suoi primi frutti circa il 3º-4º anno di vegetazione, e inizia la piena produttività circa il 9º-10º anno; l’albero raggiunge la maturità dopo i 50 anni.

Potrebbe sembrare un periodo eccessivamente lungo, ma non lo è in relazione al fatto che siamo davanti a una pianta molto longeva: in condizioni climatiche favorevoli, infatti, un ulivo può vivere anche mille anni. Le sue radici sono molto superficiali ed espanse, in genere non si spingono mai oltre i 60–100 cm di profondità.

Il fusto è cilindrico e contorto, e molto spesso gli alberi di ulivo sono vere e proprie opere d’arte davanti alle quali è impossibile non fermarsi per ammirare questi capolavori della natura. La corteccia è di colore grigio o grigio scuro, il legno è molto duro e pesante.

I rami formano delle strutture nodulose, dette ovoli, da cui ogni anno spuntano i rametti più teneri, detti polloni basali o occhi in termini dialettali. La chioma e rami sono penduli o patenti (disposte orizzontalmente rispetto al fusto) secondo la varietà.

È una pianta sempreverde. Tuttavia, attraversa un periodo di riposo vegetativo che coincide con il periodo più freddo, per un intervallo di tempo che dipende dal rigore del clima. Le foglie sono opposte, coriacee, semplici. La superficie inferiore è bianco-argentata, quella superiore verde verde-scuro.

Alla ripresa vegetativa, verso febbraio, inizia la germogliatura, a cui segue l’emissione delle mignole, fase che si protrae secondo le zone fino ad aprile. La mignolatura ha il culmine in piena primavera, le infiorescenze restano ancora chiuse, tuttavia sono bene evidenti perché completamente formate. Da maggio alla prima metà di giugno, secondo la varietà e la regione, avviene la fioritura.

L’olio spremuto dalle olive non era soltanto, nell’antichità, una risorsa alimentare; era usato anche come cosmetico e come coadiuvante nei massaggi. Nella tradizione cristiana, da secoli, viene usato olio d’oliva per la celebrazione di alcuni Sacramenti, Cresima, ordinamento sacerdotale, Estrema Unzione. Ed è un rametto di olivo benedetto che viene distribuito a tutti i fedeli la Domenica delle Palme, in ricordo della resurrezione e come simbolo pace.



Se la cultura dell’ulivo è arrivata fino ai giorni nostri, attraverso il Medioevo, è stato anche e soprattutto, grazie all’opera di alcuni Ordini religiosi, fra cui i Benedettini ed i Cistercensi. In particolare i Benedettini, devoti al credo della preghiera e del lavoro, persuadevano contadini ed operai agricoli a non abbandonare le terre ma a dedicarsi a colture redditizie quali l’olivo.

... ma l'ulivo è anche innovazione ed Energia pulita !

Impianto a biomasse dagli alberi di ulivo

Da pianta sacra della mitologia greca a fonte di energia della Grecia salentina. L’ulivo, l’albero principe del bacino mediterraneo, è il protagonista del ciclo di produzione energetica che dall’estate del 2010 è attivo a Calimera (“buongiorno”, in greco).

La cittadina a pochi chilometri da Lecce si pregia di essere la prima a sfruttare il legno vergine di ulivo derivato dagli scarti della potatura, raccolti e triturati (cippato). Una risorsa che abbonda nella provincia salentina, dove sono stati censiti circa 11 milioni di alberi. L’impianto di microgenerazione da 1 Mwe è stato realizzato dalla Fiusis in collaborazione con altre aziende, la caldaia a griglia mobile è fornita da Uniconfort, mentre la turbina è progettata da Turboden, due aziende leader nel recupero energetico dal legno.

L’impianto, si serve di circa 8.000 tonnellate all’anno di cippato. Gli studi commissionati dalla Provincia di Lecce dicono che ogni ulivo produce circa 3 quintali di legna da potatura ogni cinque anni, ma che soltanto al 60% degli 11 milioni di alberi presenti sul territorio viene effettuata con regolarità la rimonda. Sono perciò disponibili circa 400mila tonnellate all’anno: legna che per metà va ad ardere nei camini delle abitazioni o nei forni delle panetterie, e per metà viene bruciata dai contadini direttamente nei campi o lasciata marcire.

Da qui l’idea di sfruttare queste biomasse legnose per la produzione energetica a bilancio neutro di anidride carbonica (la quantità rilasciata durante la decomposizione, che avvenga naturalmente o per conversione energetica, è infatti equivalente a quella assorbita durante il periodo di crescita), risparmiare l’emissione in atmosfera di circa 4.500 tonnellate all’anno di Co2, garantire il riutilizzo delle ceneri come fertilizzante.

L’uso dei combustibili solidi di origine vegetale si sta diffondendo in Italia sull’esempio virtuoso di diversi comuni dell’area settentrionale, che coprono in questo modo gran parte del loro fabbisogno energetico. L’impianto di Calimera è il primo in Europa e nel Mediterraneo a farlo con il legno d’ulivo.

La Puglia compie un passo avanti e prosegue nell’investimento “verde” delle proprie risorse naturali, che la vede già tra le prime regioni nei settori del fotovoltaico e dell’eolico.

Fonte: IlSole24Ore

L’ulivo nell’arte

Nel ’900, l’ulivo, viene definito, in tutto e per tutto, come un elemento naturale del paesaggio, come un simbolo di una bellezza pura e autentica che tutti, poeti, letterati, artisti, possono catturare ed essere consapevoli del suo affascinante significato artistico.

Uno dei maggiori artisti che ha fatto del’ulivo il soggetto delle sue opere è Vincenzo Guerrazzi (1940-2012). Nato in un piccolo paese dell’entroterra calabrese e, perso il padre  in tenerissima età, dopo l’infanzia e l’adolescenza vissute in una Calabria rurale e primitiva, si trasferisce a Genova, dove, ancora minorenne, viene assunto alla Fabbrica Ansaldo, Meccanica Varia, e vi resta per diciotto anni. Nel1975 si licenzia per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura e alla pittura, attraverso le quali compie un percorso di impegno civile, sociale, politico.

“Raccoglitrici di olive” – Vincenzo Guerrazzi

La sua arte, sia narrativa che pittorica, è legata alla realtà che tratta e che rappresenta. Nelle sue opere ogni estrosità figurativa o letteraria è funzionale alla comunicazione del messaggio che contiene; ossia, prima di come esprimere è importante cosa esprimere, per aprire gli occhi alle società del proprio tempo, scuotere le coscienze, fare luce su ciò che viene iniquamente tenuto nel buio.

“Raccoglitrici di ulivi” – Vincenzo Guerrazzi

Nei suoi quadri, l’ulivo, rappresenta la fatica e il duro lavoro che si doveva affrontare durante la raccolta delle olive. I suoi quadri sono caratterizzati dalla presenza di un terreno giallo-verde, con tronchi ben definiti e vari colori che vanno a precisare l’ingrassamento e la presenza di nodi tipici dell’ulivo.

Nel dipinto “Raccoglitrici di ulivi”, Guerrazzi ambienta la vicenda in un luogo avvolto da un’atmosfera cupa, con la presenza di ulivi dai colori autunnali e tristi, richiamando, così, proprio il duro lavoro svolto dalle raccoglitrici.

L’ulivo nell’artigianato

In Italia la diffusione dell’ulivo è presente in tutte le regioni, ma quelle con la più alta concentrazione sono Liguria, Toscana, Umbria e Puglia. Proprio in queste regioni nell’arco dei secoli si è diffusa una grande tradizione dell’artigianato del legno.

In Puglia ha dato vita a una fioritura di prodotti quali: l’intarsio, l’intaglio e l’ebanisteria, tuttora tradizioni valide con quel gusto contemporaneo richiesto dalle esigenze del mercato. L’esempio di questa evoluzione si trova negli artisti attuali che realizzano quadri ad intarsio o sculture di grande superficie oltre a quelli in misura ridotta dei loro precedenti colleghi artisti.

Artigianato pugliese

Grandissima tradizione in Umbria ha la lavorazione del legno. La fabbricazione nelle campagne di oggetti di uso quotidiano e l’arte colta dell’intaglio, espressa mirabilmente negli apparati decorativi lignei di chiese e palazzi, per tutto il Rinascimento e il Barocco, sono i due modi di cui si è applicata in Umbria questa arte antica e vitale. Oggi l’artigianato del legno e del restauro si è modificato rispetto al passato, applicandosi soprattutto alla lavorazione dei mobili in stile e moderni al restauro dei pezzi antichi e all’antiquariato. Città di Castello e Gubbio vantano piccole industrie di mobili in stile, laboratori di restauro e negozi di antiquariato; Todi annovera intagliatori, ebanisti, scultori, restauratori, artigiani, produttori di mobili, in stile e numerosi negozi d’antiquariato; Assisi e Perugia schierano restauratori ed antiquari.

Artigianato umbro

La Toscana è terra di artigiani e boscaioli. La lavorazione del legno, nella regione, fa parte del tessuto quotidiano da secoli. Fin dal medioevo le prime botteghe artigiane iniziarono la lunga tradizione di intaglio e falegnameria sulla legna che veniva raccolta in colline e in montagna. La lavorazione del legno si unì ben presto all’artigianato artistico. Infatti, se da una parte il falegname realizzava piattaie, armadi e sedie, oggetti utili alla vita quotidiana, dall’altra si esercitava su oggetti più piccoli, elaborati ed esteticamente belli.

L’ambivalenza della lavorazione del legno portò dunque ad una differenziazione delle specializzazioni artigiane. Alcuni maestri si concentrarono sulla produzione di accessori, altri si concentrarono sui mobili e sull’arredo in genere. Nel diciottesimo e diciannovesimo secolo si cominciarono a produrre oggetti d’arredo sempre più ricercati e particolari come cassapanche, cassettoni e stipi in noce e dunque la tecnica di lavorazione si differenziò ancora.

Artigianato toscano

L’avvento della grande distribuzione ha limitato ma non spento la lavorazione del legno artigianale, in tanti continuano per i propri mobili di casa a rivolgersi alle botteghe artigiane che forniscono materiali di alta qualità ed una professionalità maggiore rispetto alle grandi catene. Oggi, le botteghe falegnami toscane sono sparse nel territorio e ancora tramandano le vecchie tradizioni di lavorazione del legno e produzione.

Grazie all’artigiano Livio Maritati che ha girato con dovizia questo video potremo, qui di seguito, farci un’idea delle complesse fasi della lavorazione al tornio per trasformare un semi tronco di ulivo in una coppa con scavo decentrato.

In Liguria una voce importante nel ricco panorama dell’artigianato artistico è quella che riguarda la lavorazione del legno: i restauratori e gli ebanisti sono famosi per la loro abilità, il loro buon gusto e la fedeltà all’impiego di tecniche artigianali dal sapore antico.

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