2014-07-01



A dieci anni di distanza dalla prima edizione, il festival Bari in Jazz ancora non riesce a trovare una precisa fisionomia. Le dimissioni del suo ultimo direttore artistico, Gianluca Petrella, presentate subito dopo l’ultimo concerto in cartellone—chiariscono in parte la situazione in cui versa la rassegna del capoluogo pugliese.

Per molti versi era inspiegabile l’assenza di Petrella, che non ha giovato alla gestione organizzativa, così come la presenza in cartellone di musicisti che poco avevano a che fare col jazz. Scelte discutibili di politica culturale di eventi più legati al mondo musicale del Primo Maggio/Notte della Taranta che al mondo della ricerca musicale—intesa come esercitazione creativa di emancipazione dal cliché della ripetizione e della standardizzazione del sound—hanno rischiato, paradossalmente, di far passare in secondo piano le proposte musicali di spessore che, per fortuna, non sono mancate. Ad eccezione del concerto dei Pinturas, queste ultime si sono consumate davanti ad un pubblico poco numeroso, e in locations penalizzanti.

Alla luce della nostra personale esperienza (chi scrive ha avuto modo di seguire quasi tutti i concerti ad eccezione dell’Helsinki Cotonou Ensamble, che ha subito continui rinvii di date e location, di Luca Aquino & Carmine Ioanna e dei Jungle by Night), le durissime parole di Petrella confermano sostanzialmente la precaria gestione organizzativa.

Oltre alla musica suonata, all’interno del festival ci sono stati dibatti e seminari sul jazz in generale (Pino Saulo, Gianni Lenoci e Roberto Ottaviano hanno discusso dell’orientamento del jazz contemporaneo presso la libreria Feltrinelli), su quello pugliese in particolare (la storia, gli autori il sistema), sulla discografia di genere delle etichette levantine e incontri presso il Conservatorio di musica della città.

Una mostra fotografica sui dieci anni di vita del festival ha anche abbellito alcune vie del centro storico cittadino…

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