2015-02-16



Frase idiomatica che ci permette di penetrare all’interno del nuovo universo di senso proprio della rivoluzione artistica in atto nella Roma papalina del XVI secolo. Nota pasquinata che evidenzia la smisurata ambizione della famiglia del pontefice che durante il suo pontificato, spogliò il Pantheon dei suoi bronzi per ornare le colonne e il baldacchino dell’altare maggiore di San Pietro.

Barocco, dal portoghese “barroco”, pietra di fiume irregolare, rappresenta la rivoluzione massima nella storia delle arti figurative, un concetto di evasione che ci allontana da quella tradizione accademica che si è imposta per secoli e secoli, in discussione con tutto ciò che storicamente lo precede, sovrapponendo linguaggi, creando nuovi universi di senso.

Giulio Romano si fa portavoce di questa rottura quando, nel 1581 nel Palazzo Tè a Mantova, dipinge “La caduta dei Giganti” esprimendo la voglia di abbattere i canoni classici, rivoluzionandoli. Con il Barocco, inoltre, nasce un nuovo studio e rapporto tra città e architettura, una nuova concezione delle arti, un rapporto con la nuova emotiva teatralità delle sculture con l’architettura ad esse quasi subordinata. Il Barocco è infatti molto pathos e tragedia.

La separazione e allo stesso tempo unione delle arti genera un’innovativo e nuovo ruolo della forma: da una parte “il Target della Forma”, dall’altra “la Forma come Target”. Un periodo storico, una rivoluzione concettuale riassumibile in una frase: “Stupire per Assoggettare”. La Riforma Protestante seguita dal Concilio di Trento, portò a un adeguamento le scelte stilistiche degli artisti della penisola, conformi alle rivoluzioni sociali e alle varie riforme europee. Roma è la genesi di questo nuovo linguaggio.

Gli esempi di questa rottura sono numerosi, ricordiamo come il movimento della facciata di Borromini rompe la rigidità e l’apparente bidimensionalità della Chiesa del Gesù di Vignola e Giacomo della Porta o come Bernini in Sant’Andrea al Quirinale si oppone alla regola imposta da Giuliano da Sangallo nella Cappella di Santa Maria delle Carceri. La potenza stilistica generata da questa moltitudine di cambiamenti, storicamente e concettualmente validi, da vita allo stile barocco che, nella sua piena maturità, permetterà alle arti figurative di raggiungere l’olimpo della perfezione e di dare ordine al caos.

L’architettura con Borromini, la scultura con Bernini e la pittura con Andrea Pozzo rendono Roma la capitale del gusto e della bellezza affascinando il mondo con capolavori come Piazza Navona, con Sant’Agnese in Agone di Borromini e la Fontana dei Fiumi di Bernini, la facciata di San Pietro di Carlo Maderno con l’antistante piazza di Bernini…

Il Barocco è l’Ecclesia Triumphans perchè, furono proprio tre grandi Papi (Urbano VIII, Innocenzo X, Alessandro VII) che, forti del sostegno delle più importanti famiglie nobili dell’epoca (Barberini, Pamphili, Chigi), portarono in auge architetti come Pietro Berrettini da Cortona, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini.

Bernini e Borromini tracciano due solchi diversi in questo periodo di rivoluzioni, seguendo gli studi di Michelangelo e di Vignola. Pietro da Cortona gioca un ruolo cruciale di collegamento tra i due: tra l’amore per il classicismo in forma “moderna” di Vignola e Bernini, tra il pensiero rispettoso del passato che tende all’innovazione del domani di Michelangelo e Borromini. “E’ del poeta il fin la meraviglia…chi non sa far stupir vada alla striglia” Giovan Battista Marino Il Barocco è uno studio costante della perfezione, un’ambizione atipica in marmo bianco, un moderno linguaggio di civiltà in un Seicento stilisticamente spirituale e magico.

Lo stile giunge dunque al suo massimo splendore, qui nella Roma dei Papi, qui nell’universo artistico costruito su storiche basi tese al domani, qui dove la luce del Sole bagna il Tevere e non tramonta mai.

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