2017-02-27



Da sinistra: l’abbraccio tra Damien Chazelle (premiato come miglior regista) e Ryan Goslin. Tarell Alvin McCraney e Barry Jenkins con gli Oscar per il miglior film e la migliore sceneggiatura

“And the winner is… NOT La La Land“! Possibile? Quattordici candidature all’Oscar, sette Golden Globes, svariati premi e riconoscimenti internazionali, milioni di incassi nei botteghini di mezzo mondo, attori fra i più corteggiati e ammirati del momento. E poi una storia brillante, coinvolgente, commovente: l’emozione assoluta legata al “sogno” che si avvera…

All’acclamatissimo film musicale, diretto e sceneggiato da Damien Chazelle, ispirato ai musical anni Cinquanta e con una nuova coppia di star protagoniste, quali Emma Stone e Ryan Goslin, non è bastato tanto consenso per aggiudicarsi la statuetta numero sette della serata: quella come miglior film. Forse perché proprio quel “sette”, numero che simboleggia la perfezione, la globalità, l’equilibrio, la mediazione fra l’umano e il divino e soprattutto “la saggezza”, era necessario destinarlo a qualcosa di diverso. Di più contemporaneo. E urgente.

Qualcosa che anziché mettere in mostra l’ennesima riedizione del sogno americano, ne esprimesse la sua attuale negazione. Mostrando la realtà americana per quella che realmente è.

E così, con un colpo di scena determinato dalla consegna sbagliata della busta con il nominativo del vincitore, all’89esima edizione degli Academy Awards, l’Oscar è andato a Moonlight, film diretto dal regista afroamericano Barry Jenkins e ispirato all’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue, del drammaturgo Tarell Alvin McCraney, premiato con la statuetta insieme a Jenkins per la sceneggiatura del film. Una storia che racconta l’America sotto una prospettiva ben diversa (e in parte autobiografica): quella di Chiron, omosessuale e nero di Miami, di cui si ripercorre la vita segnata da droga e violenza attraverso l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta, sino alla scoperta di se stesso.

Una vittoria inattesa quella di Moonlight, ma che rappresenta, oggi come oggi, il trionfo della realtà sul sogno. E la volontà di invitare tutti a una riflessione, puntando l’attenzione, anziché sul classico immaginario sentimentale, sul malessere sociale e sulla lotta contemporanea per una sopravvivenza che desidera, nonostante tutto, sentimenti puri, autentici, liberi da pregiudizi.

E, forse, anche a dimostrazione del fatto che sono tante, tantissime le persone che oggi, non soltanto negli Stati Uniti, non sono più alla ricerca del tradizionale “sogno”. Ricercano piuttosto consapevolezza, attenzione, senso di responsabilità sociale e civile, buoni esempi da seguire e in cui credere. E tutti, dappertutto, vogliono potersi svegliare in un presente migliore, con nuove speranze e nuovi punti di riferimento. Per poter tornare ancora, liberamente, a sognare.

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