2015-08-31



Gli intenti di Satellite Reign sono stati fin da subito chiarissimi: l’obiettivo di 5 Lives e Mike Diskett era di realizzare la migliore rievocazione possibile – comunque personale e tecnicamente al passo coi tempi – di una delle serie più iconiche del cyberpunk dei videogiochi, con particolare riferimento all’ultimo e meno fortunato (sotto il profilo commerciale; sotto quello ludico era un gioiellino) capitolo di Syndicate Wars. Diskett ne era stato director e non si è mai rassegnato all’idea che la serie restasse appannaggio di una pur robusta nicchia di intenditori, o che comunque perdesse tra le masse di giocatori i suoi tratti originali. Per lo stesso motivo ha deciso di affrontare con i compagni una sfida su Kickstarter meno scontata di altre, non avendo a disposizione il nome ufficiale ma proponendo, in cambio, una visione grafica e progettuale di tutto rispetto.

IL BRACCIO VIOLENTO DELL’INFORMATION WARFARE

Il momento era quello giusto, dopo che il reboot FPS di EA aveva fatto nuovamente rimbalzare il marchio sulla rete, e in tanti avrebbero desiderato un nuovo “fenomeno XCOM” che, appunto, propiziasse un gioco vicino all’affascinante modello, passando da un rifacimento colpevolmente infedele. Satelite Reign ha raggiunto la soglia prefissata, tutto sommato modesta (350.000 sterline, a fronte di quasi 460.000 raccolte), ed è stato poi costruito sotto gli occhi dei sostenitori, aggiungendo funzioni e “distretti cittadini” durante l’Accesso Anticipato di Steam, in una forma che abbiamo personalmente visto crescere e diventare sempre più definita, dalla fase alpha alla release finale. La fiducia non è mai mancata, come potete leggere qui, e i risultati ci hanno dato ragione.

Pur nel contesto di un RTS chiaramente ispirato alla serie Bullfrog, diverse differenze con Syndicate consegnano a Satellite Reign una personalità molto ben definita. Innanzitutto, il gioco si fonda su una struttura open world legata a 4 distretti cittadini fra cui spostarsi liberamente una volta sbloccati; per lo stesso motivo introduce gli spostamenti veloci e un sistema di risorse coerente alla nuova impostazione, rispettivamente con i Relay Beacon e gli ATM da hackerare sparsi per la città. Questi ultimi ci forniscono denaro costantemente, di più o di meno a seconda di quanti ne avremo violati, mentre i Relay Beacon funzionano anche da centro per gli upgrade, con l’obbligo di trovarsi nelle loro vicinanze per applicare innesti, cambiare armi o far crescere le skill.



diverse differenze con Syndicate consegnano a Satellite Reign una personalità molto ben definita

In seconda battuta, ma non per importanza, Satellite Reign mitiga parecchio il perma-death degli Agenti con l’idea dei cloni (rapiti biecamente fra la popolazione), che ereditano la memoria degli operativi uccisi – e dunque le skill – insieme agli armamenti, gli innesti e all’equipaggiamento che l’Agenzia è in grado di ricostruire, pur non potendo ritornare allo stato fisico precedente. Il ché, in soldoni, comporta un degrado comunque rilevante delle stat, che tuttavia non colma del tutto il gap in termini di difficoltà, affiancandosi a una caratterizzazione individuale più marcata, anche sotto il profilo estetico, rispetto ai grigi e volutamente indifferenziati Agenti di Syndicate. Diversità del genere sono comunque sottoposte a criteri soggettivi, e nulla esclude che, prima o poi, non troveremo anche in Satellite Reign una modalità vicina a “Ironman” di XCOM, con un sistema di salvataggio più cattivo e stringente, oppure una vera e cattivissima opzione permadeath, se proprio vi piace essere picchiati.

CLONI PER OGNI OCCASIONE

Satellite Reign presenta un sistema di 4 classi, concepite per riproporre caratteristiche storiche e, allo stesso tempo, per introdurre nuovi elementi. L’abilità forse più importante è l’Hijack, a disposizione dell’Hacker, sotto il cui nome si nascondono le funzioni del Persuadertron per rapire i cittadini e sottoporli al nostro volere, talvolta reinterpretate per il nuovo contesto. Da un lato, possiamo mandare i cittadini a morire in una zona d’allerta, come spietatissimo diversivo, oppure costringere le guardie a seguirci e combattere con noi, meglio se quelle protette da esoscheletro e scudi d’energia; dall’altro, potenziare l’Hijack significa poter rapire cloni con bonus stat migliori, magari dai reparti speciali delle fazioni, così da avere a disposizione la migliore carne fresca per sostituire alla bisogna gli Agenti, almeno quelli rigenerati più volte e dunque più deboli.

Altre importantissime caratteristiche sono a disposizione del Supporto. Lo scan consente di individuare NPC, carpire informazioni e rilevare le connessioni degli impianti di porte, telecamere e alimentatori d’energia, per studiare precisi piani d’intervento; l’abilità in slow motion (stimolatori, nella funzione del gioco) rappresenta invece un valido compromesso tra puri dettami RTS e pausa tattica, intervenendo sullo schema di gioco senza rivoluzionarne il senso. La skill non è subito a disposizione, e anzi si presenta quando la sfida diventa tosta e gli Agenti sono stati migliorati di conseguenza, emulando la possibilità di impartire gli ordini con calma, grazie a uno spazio di durata e un cooldown decisamente generosi.



Il bilancio è complessivamente positivo anche in ambito tecnico

La disponibilità progressiva delle skill riguarda tutte le classi e viene fortemente contaminata dall’uso di impianti, gadget e armamenti vari

, oltre che dall’attenta progettazione della mappa. Molte aperture secondarie possono venir aperte tanto dall’Hacker quanto dalla classe Assalto, sfruttando diversi dispositivi e rispettive abilità (Hacking e Hardwire); alcuni poteri – come quello dell’Infiltratore di arrampicarsi nelle tubature – possono poi essere condivisi con la squadra attraverso dispositivi e arti bionici. Occhi con zoom digitale per i cecchini, braccia e gambe speciali, granate per silenziare i rumori, corazze sottopelle e nanofibre muscolari sono solo alcuni degli upgrade che possono ulteriormente rinforzare le abilità di corazza o super-forza dell’Assaltatore, ad esempio, o rendere ancora più letale l’Infiltratore con le skill da cecchino, o ancora compensare le mancanze “naturali” delle singole unità.

Il sistema di quest è molto vicino a Syndicate Wars, ovviamente esteso a uno spazio aperto, con la visualizzazione progressiva di nuovi obiettivi per rubare informazioni e prototipi, uccidere NPC o corromperli, scortare VIP e liberare prigionieri, senza molte sorprese e un certo grado di ripetitività – questo va detto – nella selezione dei compiti e dei luoghi delle missioni. Il denaro rubato agli ATM (oppure nelle banche, una per distretto) può essere investito nella realizzazione dei modelli rinvenuti, magari “big gun” sempre più potenti, sulla base di un preciso bilancio tra le risorse che entrano e i ricercatori assoldati. L’uso dei prototipi segue uno schema ben preciso, a parziale eccezione di quanto detto sul permadeath: i modelli rinvenuti possono essere subito adoperati, anche prima di venir analizzati e riprodotti, ma in quest’ultimo caso dovranno essere riacquisiti alla morte dell’Agente. Mi sembra giusto.

LA NOTTE DEI REPLICANTI

Il bilancio è complessivamente positivo anche in ambito tecnico, sia in termini meramente estetici che – in misura minore – nei risultati ottenuti con le intellligenze artificiali. La città di Satellite Reign è dichiaratamente ispirata alla Los Angeles di Blade Runner, e sfrutta un dettaglio prossimo al citato XCOM per rappresentare al meglio le luci, la pioggia incessante e le atmosfere di quel modello, a cavallo fra l’hard boiled anni ’50 e le moderne suggestioni metropolitane. Le routine di cittadini e fazioni sono dinamiche, nel senso che i comuni NPC hanno una certa probabilità di compiere atti illegali o di reagire all’arresto, mentre i reparti delle corporazioni possono sfidarsi in mezzo alla strada, magari nei pressi di una base, meglio se spronate dalle nostre azioni. La distruzione di una torretta può indebolire il nemico in una zona di confine tra le basi, spingendo le IA avversarie ad attaccare e darci inconsapevolmente una mano, all’interno di scenari caratterizzati da un discreto – ma non totale – livello di distruttibilità.

Tali dettagli risultano al contempo più avanzati e riduttivi rispetto a Syndicate Wars, dove c’erano Agenti nemici con obiettivi antitetici ai nostri, e si affiancano a una risposta non sempre irreprensibile delle routine di combattimento, nella disposizione automatica in copertura degli Agenti così come negli stati d’allerta dei nemici, talvolta immemori di noi anche se ci hanno visti entrare in uno spazio preciso. I limiti d’attenzione sono uno sconto sulla difficoltà, per come li ho interpretati io, ed è più rilevante l’assenza dei veicoli, implementati in una forma semplice in fase beta e poi rimossi: limiti di questo genere, insieme alla mancanza di interni e alla promessa del co-op, fanno parte di un’offerta ancora in evoluzione, che tuttavia ha raggiunto con la versione 1.0 un traguardo importantissimo, per le promesse mantenute e il valore, mediamente molto elevato, dell’esperienza. Satellite Reign non è il nuovo Syndicate, ma è comunque uno dei migliori omaggi che la serie Bulfrog si potesse augurare.

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