Manifesto del movimento politico
Italia Virtuosa
fondato da Ferdinando Imposimato
con il prezioso contributo di Sardegna Virtuosa e di molti giovani di varie città italiane
Cosa è Italia Virtuosa
Italia virtuosa è un movimento politico culturale che si ispira ai
principi e valori della Costituzione Repubblicana e della Dichiarazione
Universale dei diritti dell'Uomo. La stella polare di Italia Virtuosa è l'eguaglianza
dei cittadini, intesa come eguale opportunità di uomini e donne,
consacrata nella Costituzione. L'eguaglianza ha contribuito allo
sviluppo delle nazioni e ha fatto grandi molti paesi dell'antichità e
dell'era contemporanea. L'eguaglianza è il pilastro della democrazia, la
molla che ne favorisce la diffusione: « tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono uguali, senza distinzione di sesso, razza,
lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
La Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale, che
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese ». Laddove la cittadinanza, intesa in senso universale,
appartiene a tutti (art.3 della Costituzione). L'antitesi della
democrazia è la dittatura che distrugge le potenzialità dei singoli
uomini per esaltare quelle del tiranno. Nessun uomo è disposto a
impegnarsi e a valorizzare le proprie potenzialità creative
nell'interesse di un dittatore. Alla dittatura va equiparato il regime,
che è la dittatura della maggioranza che governa nel disprezzo dei
diritti della opposizione.
Italia Virtuosa agirà per rendere effettiva e concreta l'eguaglianza, fonte di sviluppo e di progresso.
Italia Virtuosa ritiene la Repubblica parlamentare immodificabile
forma di solidarietà umana, una casa nella quale dobbiamo ritrovarci
tutti, trovando un punto di concordia, essenziale per il bene comune,
nel rispetto reciproco delle diversità dei singoli.
Il pilastro della Repubblica è la democrazia partecipata da tutti i membri della collettività che rispettino le leggi:
l'esercizio dei poteri politici di direzione della cosa pubblica
appartiene concretamente a tutti i cittadini, che devono avere uguale
possibilità di determinare, mediante il loro intervento diretto, la
gestione della cosa pubblica, nel senso più conforme all'interesse
collettivo. Ma la democrazia è anche trasparenza dell'agire e controllo
costante dell'azione di chi governa sia a livello centrale che locale.
La sovranità popolare, cardine della democrazia (demos kratos=governo
del popolo), ripudia il populismo, anticamera della dittatura. Essa
deve essere esercitata non ad libitum, con la scelta di un “messia” che
sfugge ad ogni legge, ma nel rispetto delle regole della Costituzione.
La Repubblica democratica, sempre imperfetta, deve essere costruita e
perfezionata giorno per giorno, e resa possibile dall'esercizio del
potere democratico dei cittadini, con una continua vigilanza contro
pericoli di deformazioni e involuzioni, ma anche con una continua,
positiva presenza per approfondire le idealità umane e di giustizia.
Essa mira all'effettiva parità dei diritti e delle opportunità, che dia a
ogni donna e a ogni uomo, indipendentemente dalla posizione sociale e
dal possesso di beni materiali, ma solo in rapporto alle sue capacità e
ai suoi meriti, il posto che loro compete nella società.
Italia Virtuosa respinge l'idea della Repubblica presidenziale e si
batte, per mezzo delle leggi, per difendere il principio che « nessuno
riesca a raggiungere una posizione troppo preminente », di cui sarebbe
portato ad abusare. Combatte la democrazia che si traduce in regime, che
è dittatura della maggioranza che governa nel disprezzo
dell'opposizione elemento cardine della democrazia. «Base delle
Costituzione democratica è la libertà, fine di ogni democrazia. Una
prova della libertà è nell'essere governati e nel governare, cioè
l'alternanza dei governi. Nessun individuo può coprire due volte la
stessa carica, le cariche sono di breve durata » (Aristotele). In questo
alternarsi senza soste dei governi si realizza il continuo rinnovamento
della democrazia.
Italia Virtuosa tende ad uno Stato che tuteli principalmente i
soggetti più deboli, che spesso sono anche i migliori sul piano
dell'etica e dell'intelligenza che si affina con la sofferenza,
facendoli protagonisti della democrazia ; lavoratori, giovani e donne,
oggi discriminati, vilipesi nei diritti primari al lavoro e a una giusta
retribuzione ed esclusi dalla gestione della cosa pubblica, sono un
enorme patrimonio di risorse per lo sviluppo del paese.
Italia Virtuosa è convinta che la politica e l'etica non debbano
essere contrapposte come è avvenuto finora. Aristotele di Stagira, nel
450 a C, pose tra i pilastri dello Stato, accanto al «rispetto della
Costituzione e all'estrema capacità nei doveri della carica» il
requisito «della virtù e della giustizia», un unicum inscindibile,
fondamento dello Stato. Laddove la virtù equivale all'etica in politica e
la giustizia alla applicazione della Costituzione.
La battaglia per la verità
La conoscenza della nostra storia recente e di quella passata è
inquinata dalla disinformazione e dalla menzogna. La storia vera non
sembra interessare gli storici e coloro che gestiscono l'istruzione nel
nostro Paese e anche i cittadini che sono narcotizzati da media
asserviti a poteri occulti che controllano la nostra vita. L'Italia
somiglia sempre più a quel Paese descritto dallo storico Alexis de
Tocqueville: «Vi sono certe nazioni d'Europa in cui l'abitante si
considera una specie di colono indifferente al destino del luogo da lui
abitato. Quando le Nazioni sono arrivate a questo punto, bisogna che
esse modifichino le loro leggi e i loro costumi. O che periscano, perché
la sorgente delle verità pubbliche vi si è come disseccata; vi si
trovano dei sudditi schiavi, ma non più dei cittadini degni di giustizia
e libertà ».
Italia Virtuosa è convinta che solo l'appassionata ricerca e
conquista della verità e della giustizia può dare al miglioramento della
condizione dei giovani un contributo superiore alle astuzie di una
politica calcolatrice. Senza verità non c'è futuro. Per questo essa si
batterà per la ricerca e la diffusione della verità vera, e non quella
costruita su dati e ricostruzioni false. Senza verità, la libertà e la
democrazia saranno sempre in pericolo, in balia e alla mercé di coloro
che hanno costruito l'edificio sul sangue dei giusti.
No a Machiavelli
Italia Virtuosa ripudia Machiavelli, come guida spirituale della
politica del nostro Paese, origine di tanti mali passati e presenti in
Italia e nel mondo. Ritiene che nessuna ragion di Stato possa consentire
e legittimare la conquista e il mantenimento del potere attraverso
«licenza di uccidere» e di compiere stragi o attentati, ampiamente
sperimentata da alcuni governanti come strumento di lotta politica,
dalla nascita della Repubblica ai nostri giorni. E' convinta che mezzi
ignobili, come massacri, assassini e attentati, rimasti impuniti, non
siano compatibili con fini nobili, come la difesa della libertà e della
democrazia. Italia Virtuosa si impegna a riprendere la via
dell'incivilimento e a operare per uscire dall'abiezione in cui è
precipitato il Paese, riconsiderando con occhi critici le nostre radici
morali e i nostri vizi, riconoscendo che morale e politica vanno tenute
distinte ma non contrapposte. La diffusione delle informazioni false,
l'uso dei dossier costruiti, l'impiego dei servizi segreti per atroci
delitti e il ricorso ai media per manipolare la verità hanno avuto un
peso decisivo nel gioco politico, un gioco sporco che ha bloccato e
inquinato la nostra democrazia. Da questo gioco non siamo riusciti a
liberarci, per volontà di politici a caccia del potere con ogni mezzo.
La democrazia vera e partecipata sarà possibile solo con la conquista
della verità, il rilancio di una grande tensione morale, e la
consapevolezza che la politica è una scienza morta se la morale non
cospira con lei e non la fa regnare nella nazione.
Lotta a corruzione e mafia
La corruzione costa alla collettività, secondo la Corte dei conti,
oltre 60 miliardi di euro all'anno, una tassa occulta che grava su
lavoratori e imprese e impedisce lo sviluppo del Paese, provocando la
fuga degli investitori stranieri e nazionali. Essa alimenta il crimine
organizzato, altra piaga mortale per il paese, minacciando la libertà
dei cittadini. La corruzione e il crimine organizzato, divenuti, nelle
mani di soggetti senza scrupoli, strumenti di lotta per la conquista del
potere e causa di degenerazione della Repubblica, sono i principali
nemici della democrazia e della giustizia sociale. Essi vanno combattuti
con ogni mezzo, a partire da leggi ispirate al bene comune e non a
interessi di parte. E da uomini che abbiano servito, e non tradito la
legalità repubblicana, dietro il comodo schermo della ragion di Stato e
del segreto di Stato.
Già in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario 2011, venne posto
in luce la gravità del fenomeno corruttivo e fu evidenziato che, anche
nell’ambito privato, si verificavano episodi di illegalità come evasioni
fiscali, dazioni di tangenti, gravi violazioni di regolamenti
urbanistici ed assunzioni illegittime e clientelari. In quella sede,
quale mezzo più idoneo per combattere queste forme di criminalità, che
arrecano ingenti danni all’economia del nostro Paese, venne indicato il
recepimento della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del
27 gennaio 1999 e della Convenzione civile sulla corruzione, entrambe
approvate dall'Italia, che, tuttavia, a distanza di ben 12 anni, non
erano state ancora ratificate e incluse nell’ordinamento interno.
Finora risulta ratificata soltanto la Convenzione penale con la legge n. 110 del 28 giugno 2012.
La Convenzione penale di Strasburgo, composta da quarantadue
articoli, contiene norme efficaci che conferiscono rilevanza a condotte,
le quali, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti
del buon andamento della gestione pubblica, non risultavano sanzionate
all’interno del sistema penale italiano; trattasi di norme, solo per
citarne alcune, come la fattispecie del “traffico di influenza”
finalizzata a punire la condotta di tutti quei soggetti che si
propongono come intermediari nel disbrigo di faccende corruttive, nonché
di quelli che ne ricercano la collaborazione, e come la “corruzione sia
attiva che passiva nel settore privato”, che sono causa di enorme
sperpero del pubblico denaro.
Per quanto attiene alla Convenzione civile (risarcimento dei danni
derivanti da un atto di corruzione), viene statuito che, al fine di
prevenire atti di corruzione, ciascuno Stato preveda, nell’ambito del
suo diritto, che le persone incaricate, all’interno della società del
controllo dei conti, accertino che i bilanci annuali rispecchino
fedelmente la situazione finanziaria della società stessa, con
l’assunzione delle conseguenti responsabilità (sanzione del falso in
bilancio).
Le indagini effettuate nei confronti di 182 paesi dall’Associazione
internazionale contro la corruzione, in relazione alla sussistenza e
stima del fenomeno corruttivo che incide sul bilancio dello Stato,
alterando gravemente i costi pubblici e falsando la libera concorrenza
del mercato, collocano il nostro paese al 69° posto dopo il Ghana e
prima della Macedonia.
La nuova legge contro la corruzione contiene aspetti positivi ma anche negativi.
Sotto il primo aspetto essa introduce due nuove figure di delitto
come il traffico di influenze, che punisce il mediatore che
illecitamente si fa dare o promettere denaro per la sua mediazione
illecita, e la corruzione tra privati, che sanziona coloro che
danneggiano la società privata, con violazione di doveri di ufficio e di
fedeltà alla società privata. In entrambi i casi la pena va da uno a
tre anni di reclusione, pena molto lieve e soggetta a prescriversi in
breve tempo. Ma i risvolti negativi sono rilevanti: tra essi, in
contrasto con i vincoli derivanti dalla convenzione di Strasburgo del
1999, la mancata punizione del falso in bilancio, reato strumentale
abituale al pagamento delle tangenti, e l'autoriciclaggio, che dovrebbe
punire chi investe il denaro proveniente da suoi stessi delitti come la
corruzione o la concussione. L'aspetto più preoccupante della legge è
lo sdoppiamento della concussione in violenta o per costrizione, (punita
da 6 a 12 anni) e fraudolenta o per induzione (punita da 3 a 8 anni),
due ipotesi che nella vecchia legge erano unificate e punite allo stesso
modo con una pena da 4 a 12 anni.
La legge, per la parte che prevede una minore sanzione per la
concussione per induzione, sembra viziata di incostituzionalità sia
perché la pena non è adeguata alla gravità del reato, come vuole la
Corte Costituzionale, secondo l'art 3 della Costituzione, sia perché non
c'è alcuna ragione per punire di meno i concussori per induzione in
modo fraudolento rispetto a quelli che agiscono con violenza e sia
perché il Parlamento ha finora rifiutato l'amnistia per delitti molto
meno gravi della concussione, cosa che appare ingiusta se oggi si
beneficiano i ricattatori di Stato che costringono gli imprenditori a
sostenere costi insopportabili, che si riflettono contro i cittadini
consumatori.
Al di là delle leggi, esiste un dovere morale di avere il più sacro
rispetto delle risorse pubbliche. La politica e l'etica non debbono
essere contrapposte come è avvenuto finora.
Conclusivamente si deve riconoscere che occorre diffondere la
cultura dell'etica in politica, che devono congiurare tra loro per
salvare lo Stato. Ma il solo imperativo morale non basta. Non tutti
hanno il rigore etico di Sandro Pertini che, nel 1974, invitato a
firmare, quale Presidente della Camera dei Deputati, un decreto che
prevedeva l'aumento delle indennità per i parlamentari, rifiutò
sdegnosamente, minacciando le dimissioni: « ma come, in un momento grave
come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga
decurtata dall'inflazione... voi date quest'esempio d'insensibilità? Io
deploro l'iniziativa ».
E il decreto decadde.
I Partiti
La moralizzazione dei partiti e la loro trasformazione, da covi di
interessi personali e familiari, spesso infiltrati da mafia, camorra e
ndrangheta, a strumenti di democrazia richiedono una legge sui partiti
che stabiliscano, al posto degli inutili statuti, regole vincolanti di
partecipazione democratica, controlli per il loro funzionamento,
possibilità di accesso a tutti i cittadini che vogliano farne parte
senza preclusioni e senza discriminazioni, salvo quelle di ordine
giuridico, politico e morale; programmi definiti, bilanci trasparenti,
divieto ai partiti persona, rotazione delle cariche direttive,
periodicità dei congressi, partecipazione delle quote rosa agli
organismi dirigenti, regole per l'ammissione e l'esclusione dei nuovi
iscritti, misure disciplinari nei confronti di coloro che violino tali
regole, organi abilitati ad erogarle.
La legge sui partiti deve prevenire, con regole chiare ed applicate, i
fenomeni ricorrenti di degenerazione, cooptazione e ricorso
sistematico ai vecchi sistemi del tesseramento selvaggio.
Il finanziamento dei partiti
L’attuale Governo, mosso dallo scandalo mediatico sviluppatosi nel
tempo, ha adottato la Legge 6 luglio 2012, n. 96 (norme in materia di
riduzione dei contributi in favore dei partiti e dei movimenti
politici). Essa è una mera finzione e inadeguata a recuperare le ingenti
risorse sottratte ai cittadini, fuori da ogni controllo. Nella legge
truffa, che è uno specchietto per le allodole, si istituisce una
“Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei
partiti e dei movimenti politici” con sede presso la Camera dei
deputati, che provvede, in pari misura con il Senato della Repubblica,
ad assicurarne l'operatività attraverso le necessarie dotazioni di
personale di segreteria. La Commissione è composta da cinque componenti,
di cui uno designato dal Primo presidente della Corte di cassazione,
uno designato dal Presidente del Consiglio di Stato e tre designati dal
Presidente della Corte dei conti. Tutti i componenti sono scelti fra i
magistrati dei rispettivi ordini giurisdizionali con qualifica non
inferiore a quella di consigliere di cassazione o equiparata. La
Commissione è nominata, sulla base delle designazioni effettuate ai
sensi del presente comma, con atto congiunto dei Presidenti del Senato
della Repubblica e della Camera dei deputati, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale.
Va rilevato in proposito che le competenze, attribuite alla predetta
commissione, rientrano puntualmente nella previsione dell’art. 100 della
Costituzione trattandosi di denaro pubblico e, pertanto, all’organo
Corte dei conti dovevano essere conferiti tali compiti esterni e non
sotto il controllo delle Camere.
Il problema è che il finanziamento pubblico dei partiti è stato
ripristinato in maniera ancor più incostituzionale. Non può essere
taciuta la circostanza che pur appartenendo la sovranità al popolo,
secondo il precetto costituzionale, qualunque referendum non ha
conseguito alcun risultato tangibile; in particolare quello per
l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti mentre, ad una
parziale, minima insignificante riduzione si è giunti solo dopo il
rivelarsi di fatti indecorosi o criminosi con la citata legge n. 96 del
2012.
Italia Virtuosa si batterà perché la riduzione sia consistente e non
fittizia. Il finanziamento pubblico dei partiti è stato causa di
corruzione trasversale a tutti i partiti, con leader che hanno
acquistato case e tenute e sottratto fondi senza alcuna sanzione, dal
momento che i partiti sono non soggetti pubblici ma privati.
Riforma costituzionale
La durata in carica di cinque anni dei deputati e senatori (art 60
della Costituzione) appare troppo lunga e spesso provoca una situazione
di crisi politica grave in caso di incapacità degli eletti o di
passaggio ingiustificato di un Parlamentare da un gruppo parlamentare
ad un altro solo per ragioni di convenienza o di opportunismo. Appare
necessario che il periodo di durata del mandato parlamentare sia
ridotto a quattro anni. Nel caso in cui il potere legislativo dovesse
essere attribuito solo alla Camera dei Deputati, come previsto da una
possibile riforma costituzionale, la durata deve essere limitata a due
anni, come avviene in molti Stati.
Italia Virtuosa si batterà per limitare la durata in carica di Senatori e Deputati.
Le donne in politica
L'Italia è a uno degli ultimi posti nel mondo per rappresentanza di
donne in Parlamento nazionale ed europeo. L'Italia supera di poco il 21%
delle donne alla Camera dei Deputati e al Senato, anche se ha
recuperato più di venti posizioni rispetto al 2005, quando occupava la
75 posizione con una percentuale dell'11 per cento. Una situazione
negativa in danno delle donne si registra anche nella rappresentanza
al Parlamento Europeo. Su 27 Paesi l'Italia è al 24 posto.
Tuttavia il recupero è stato spesso conseguenza di cooptazione
dall'alto e di scelte umilianti per le donne, non sempre legate al
merito, ma alla mercificazione del sesso. Italia Virtuosa è convinta che
il rinnovamento della politica passi necessariamente attraverso la
valorizzazione delle donne, delle loro capacità professionali e della
loro esperienza nel mondo del lavoro e della società.
Italia Virtuosa intende promuovere ogni iniziativa per fare cessare
la ingiusta discriminazione delle donne in politica e dare piena e
concreta attuazione all'art 51 della Costituzione, secondo cui « tutti i
cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici
pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i
requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con
appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini ».
Un'economia sociale
Sul piano dell'economia, Italia Virtuosa ritiene il liberismo,
selvaggio ed egoista, la vera causa della crisi del nostro paese e
dell'intera Europa. Italia Virtuosa tende a combattere l'anarchia
economica della società capitalistica dovuta alla concentrazione del
capitale privato nelle mani di poche persone. Queste, perseguendo il
profitto come unico obiettivo, hanno prodotto una crescente distruzione
del lavoro e dei diritti dei lavoratori e un enorme esercito di
disoccupati. Mentre hanno privilegiato in modo abnorme finanzieri,
politici e affaristi i cui interessi sono interdipendenti e guidati dal
più spregevole machiavellismo.
Non possiamo accettare che, con la complice inerzia dei governi,
continuino a esistere uomini- politici, funzionari o alti dirigenti- che
ricevano compensi in beni e servizi molto maggiori di quelli ricevuti
da altri uomini che lavorano. Questo fenomeno è il cancro della nostra
economia. Italia Virtuosa intende lavorare, in sinergia con altre forze
sane, per estirparlo per recuperare risorse preziose da mettere a
disposizione dei meno abbienti.
Il lavoro risorsa primaria. Il lavoro è la risorsa più grande
del nostro popolo e la sua tutela interessa tutti, lavoratori e non.
Compito della Repubblica è non solo promuovere le condizioni per rendere
effettivo questo diritto ma di fare in modo che ogni lavoratore abbia
una retribuzione che lo liberi dal bisogno e gli consenta di dedicarsi
al proprio miglioramento spirituale per esercitare in modo responsabile i
propri diritti politici. L'articolo 3 della Costituzione stabilisce che
« la repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza, impediscono il pieno
sviluppo della persone umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese ».
Il progresso tecnologico, che oggi determina ulteriore
disoccupazione, deve produrre al contrario un'attenuazione della fatica e
una più larga diffusione del lavoro per tutti, con una maggiore
possibilità per i lavoratori di esercitare i loro fondamentali diritti
politici. Questo è possibile solo con un'economia orientata verso il
perseguimento di obiettivi sociali, tra cui i diritti inviolabili al
lavoro dignitoso per tutti, alla casa e all'istruzione pubblica libera,
cardine dello sviluppo, alla informazione dei cittadini, attraverso la
libera stampa.
I proprietari dei mezzi di produzione, cioè l'insieme delle
industrie che producono beni di consumo, come autovetture, vestiti,
elettrodomestici etc, sono interessati solo al proprio vantaggio
personale e di gruppo. I lavoratori, usando i mezzi di produzione,
producono nuovi beni che sono di proprietà dei capitalisti. Il punto
cruciale è il rapporto fra quanto i lavoratori producono e i salari che
percepiscono. Dal momento che i contratti di lavoro sono liberi, i
salari dei lavoratori sono determinati non dal valore reale dei beni
prodotti, ma dalla domanda di forza lavoro dei capitalisti in relazione
all'offerta di lavoro da parte dei lavoratori. Domanda sempre inferiore
rispetto alla offerta di lavoro. In questa competizione aumenta il
numero dei disoccupati e dei pagati con salari di fame. Il sistema che
equipara il lavoro a una merce va combattuto.
La proposta di Italia Virtuosa è semplice: i mezzi di produzione dei
beni primari devono essere utilizzati in maniera programmata, che non
significa economia comunista, ma adeguamento della produzione ai bisogni
della collettività, evitando lo sperpero di energie e garantendo il
lavoro a tutti coloro che siano in grado di lavorare e valorizzando i
più meritevoli.
L'economia programmata deve coesistere con la libera iniziativa
privata, essenziale per lo sviluppo, la quale non deve porsi in
contrasto con l'utilità sociale o recare danno alla sicurezza, alla
libertà e alla dignità umana. Si tratta di un obiettivo fondamentale
della Costituzione, secondo cui « La legge determina i programmi e i
controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa
essere indirizzata e coordinata ai fini sociali » (art.41 Costituzione
).
Obiettivo disatteso, essendo stato privilegiato il fine del profitto
rispetto a quello della utilità sociale. Ma l'economia programmata non
deve consistere nelle grandi opere pubbliche o solo nelle grandi opere
pubbliche, che sono occasione di corruzione e sperpero della spesa
pubblica, e di arricchimento per i gradi gruppi capitalistici, ma in
quella che Aldo Moro definì « la creazione di un ordine nelle riforme,
altrimenti la ricchezza rischia di andare dispersa e con essa la
conquista politica ». Per questo, disse Moro, « occorre promuovere la
linea di uno sviluppo armonico e continuo. E' questo il disegno della
programmazione economica e sociale. La quale, per essere di tipo
occidentale e non collettivistico, è di limitata coercibilità e si
affida per la sua attuazione a liberi e consapevoli comportamenti ». Il
che richiede che « la programmazione sia democraticamente costruita e
controllata ed obiettivamente giusta, tale da escludere inammissibili
sacrifici unilaterali nelle aree di maggior disagio » ( intervento di
Aldo Moro sul Giorno del 9 novembre 1972).
La moralizzazione della spesa pubblica
Presupposto per l'attuazione della giustizia sociale è il recupero
delle risorse necessarie anzitutto attraverso la eliminazione dei
privilegi della classe politica a livello nazionale e territoriale.
Anzitutto Italia Virtuosa sollecita i partiti per una riduzione del
trenta per cento dei parlamentari nazionali e regionali. Tale obiettivo,
coerente con la nascita delle Regioni, sarà perseguito senza che questo
taglio debba comportare come contropartita una riforma costituzionale
presidenzialista, come pretende la Lega e il PDL.
Vuole, altresì, una riduzione netta delle indennità dei parlamentari
nazionali e regionali, da omologare a livello europeo, sostenendo quelle
forze politiche che si batteranno per questi tagli. Il ricavato deve
essere destinato a lavoratori, disoccupati, pensionati e portatori di
handicap. L'obiettivo è un'equa distribuzione delle ricchezze del Paese,
attraverso la loro redistribuzione, eliminando i gravi squilibri
sociali esistenti.
Italia Virtuosa favorisce l'autonomia degli enti locali, senza ledere
l'unità e indivisibilità dell'Italia e il principio irrinunciabile di
solidarietà politica economica e sociale.
La riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, sganciando le
Regioni dai controlli centrali, ha permesso, ma ben altre erano le
finalità, che l'autonomia fosse intesa come potere in sé e non come
potere al servizio del cittadino, con gravi danni per il Paese.
C'è una delegittimazione morale e di immagine proveniente da vicende
di malcostume e corruzione che dimostrano la corresponsabilità di intere
classi gestionali, che hanno inteso il federalismo regionale nel modo
peggiore. Solo di recente si stanno ponendo in essere nuove leggi ( tra
cui una nuova versione del Titolo V della Costituzione) per arginare,
contenere ed evitare il più possibile risultati esiziali dovuti ad una
egemonia politica e culturale che ha fra l’altro introdotto, negli
ultimi decenni, normative non rispettose dei valori costituzionali.
Il patrimonio della competenze riconosciute agli Enti territoriali
(Regioni, Province, Comuni) come proprie, è in funzione dei peculiari
bisogni emergenti in seno alla comunità, in un dato momento e luogo.
Tuttavia, si sono determinati effetti distorsivi del sistema
federalistico ad opera di coloro che hanno agito o dovevano agire per le
Istituzioni. L'autonomia infatti è stata riconosciuta dalla
Costituzione per “servire” e, invece, di essa ci si è serviti,
piegandola ad esigenze del tutto estranee alle finalità specificatamente
attribuite all'apparato governativo. Molti - troppi - dirompenti
episodi di corruzione o di enorme sperpero di denaro pubblico sono
emersi in questi ultimi anni, grazie alla magistratura ordinaria e
contabile, a dimostrare come l'autonomia sia stata intesa come mezzo per
affermare e sostenere i propri interessi personali, non coincidenti con
quelli della collettività, già stremata da una profonda crisi economica
e quindi ancora più sconcertata ed indignata di fronte alla
inadeguatezza del quadro politico ad apportare in maniera decisa gli
indispensabili cambiamenti moralizzatori nella legislazione nazionale e
regionale.
In relazione alla mala-gestione regionale, basta citare l’esempio
delle società private, circa 400, partecipate dalle Regioni. Il fenomeno
della galassia delle società private regionalizzate è, come risulta
nella Relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria delle
Regioni, negli esercizi 2010-2011 del 02.08.2012, un fenomeno di
dilagante gravità e di cattiva gestione a cui si dovrà trovare rimedio.
Ciò è tanto più impellente alla luce delle numerose indagini della
magistratura ordinaria e contabile, tra arroganti sprechi e
appropriazioni indebite di danaro pubblico, che stanno coinvolgendo le
Regioni nel centro nord e sud, che hanno esternalizzato funzioni,
servizi ed attività costituendo società, o partecipando a società già
esistenti. Inoltre alle società predette si affiancano enti pubblici
dipendenti, agenzie regionali e fondazioni. Solo per quanto attiene alle
S.p.A. partecipate al 100%, sussiste un deficit di circa 92 milioni di
euro pari a 185 miliardi di lire.
Ci batteremo per la soppressione delle 30.000 società partecipate
volute da Regioni, Province e Comuni che agiscono come società per
azioni, formalmente private, ma che vivono con i soldi pubblici, senza
controlli della spesa. Lo scopo di queste società è la creazione di
migliaia di posti per parenti, amici e clienti. Esse sfuggono al
controllo della Corte dei Conti e impediscono ai più meritevoli di
accedere alla Pubblica Amministrazione a causa della sistematica
soppressione dei concorsi pubblici. Deve cessare la ingiusta selezione
dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, in base a criteri di
clientela e favoritismo e creare pari opportunità per tutti.
Perseguiremo, come facciamo da anni attraverso la rete con il
movimento per il ripristino della Costituzione, una modifica razionale
del Titolo V della Costituzione con la previsione di controlli
preventivi e successivi e la soppressione delle società partecipate.
La nuova disciplina degli appalti pubblici
La classe politica dirigente, che ha curato i propri affari e
carriere, è stata finora del tutto avulsa dalla realtà economica e dalla
tragica situazione delle persone non abbienti- operai, disoccupati,
pensionati, senza reddito, senza casa. Essa, in dispregio di qualunque
ragionevolezza e rispetto dell'interesse collettivo, pur di conservare i
propri rilevanti emolumenti e benefici, immorali ed indecorosi ove
comparati a quelli percepiti nel mondo per incarichi simili, non sembra
disponibile a cambiare e a rinunziare agli ingiusti privilegi, fonte di
sperpero del pubblico denaro.
Il mancato rispetto di regole precise e il ricorso sistematico a
straordinari strumenti di gestione, al di fuori delle prescritte regole
contabili, ha dato luogo, per un periodo quasi decennale, a notevoli
abusi ed a situazioni di rilevante spreco del denaro pubblico (circa 560
ordinanze per la spesa approssimativa di dieci miliardi di euro). Ci si
riferisce alle ordinanze c.d. di “emergenza” della Presidenza del
Consiglio riguardanti la Protezione civile che non vennero mai inviate
al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.
La Corte dei conti, avuto informalmente conoscenza delle
dimensioni del dilagante fenomeno di improvvida gestione di denaro
pubblico, che si sottraeva alle regole degli appalti pubblici e del
controllo della Corte, ha formulato, nel 2009, più volte nella sede
deputata, rilievi critici sui provvedimenti del Governo, in relazione
alla delimitazione del concetto dei “grandi eventi”, che giustificano la
deroga alle regole sugli appalti. Presupposti per la dichiarazione
dello stato di emergenza non devono ritenersi sussistenti quando non
viene in evidenza il danno alla vita, alla incolumità delle persone, dei
beni e non si verificano situazioni di grave rischio e, pertanto, le
ordinanze non rispondenti a tali requisiti, devono essere assoggettate
al controllo preventivo della Corte dei conti. Ciò consentirà il
recupero di ingenti risorse da destinare ai lavoratori e ai bisognosi di
cure. Solo dopo lo sperpero di ingenti quantità di denaro pubblico, è
stata adottata una normativa che dispone l’assoggettamento al controllo
preventivo entro termini ridotti.
Italia Virtuosa agirà nella direzione di estendere il controllo
preventivo della Corte dei conti sulla protezione civile, al fine di
evitare lo sperpero del denaro pubblico e la elusione degli appalti
pubblici. Promuoverà una nuova legge sugli appalti che impedisca
l'infiltrazione della mafia e la corruzione e dia maggiori possibilità
alle piccole e medie imprese e garanzia di tutela ai lavoratori.
Organi parlamentari e costituzionali
È inaccettabile la perdurante assenza di controlli e di giurisdizione
sugli organi costituzionali e parlamentari. La impenetrabilità degli
organi costituzionali ( Corte Costituzionale e Quirinale ) e
parlamentari ( Camera dei deputati e Senato ) comporta che essi possano
decidere ad libitum aumenti di indennità a proprio favore con un chiaro
conflitto di interessi e senza il rispetto dell'art 53 della
Costituzione, secondo cui « tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva ». Questa regola
vale anche per gli Organi Costituzionali, compreso Quirinale, Camere e
Consulta.
Tale impenetrabilità e assenza di controlli non è giustificabile e
non è valida nell’attuale ordinamento costituzionale che si ispira a
principi di un equilibrato bilanciamento di tutte le funzioni e le
attribuzioni fra i vari organi della Repubblica, cui spetta l’esercizio
delle diverse funzioni nello specifico ambito di competenza.
Oggi invece la natura della giurisdizione contabile è tale da non
poter ledere in nessun caso l’autonomia e l’indipendenza di detti
organi. Sicché è accaduto spesso che, all'insaputa dei cittadini e
contro i principi di equità sociale, quegli organi hanno aumentato a
dismisura i propri privilegi economici.
Un freno a questi abusi venne posto nel 1974, a titolo personale, dal
Presidente della Camera dei deputati, Sandro Pertini. Questi chiamato a
firmare un decreto che aumentava le indennità dei parlamentari, si
oppose minacciando le dimissioni e deplorando l'iniziativa. Egli disse,
sdegnato: «Ma come, in un momento di grave come questo, quando il padre
di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall'inflazione.. voi
date questo esempio d'insensibilità? Io deploro l'iniziativa. Io con
queste mani, non firmo ».
Liberare l'informazione
L'oligarchia del capitale privato, il cui enorme potere non può
essere controllato da regole antimonopolistiche nemmeno in una società
organizzata su basi democratiche, controlla quasi tutta l'informazione.
Questo accade perché i membri del parlamento sono scelti dai partiti
politici largamente finanziati dai capitalisti privati. Questi separano
gli elettori dal Parlamento. La conseguenza è che i rappresentanti del
popolo non tutelano gli interessi delle classi più deboli della
popolazione ma quelli dei proprietari. Questo predominio dei proprietari
sul parlamento è reso possibile dal fatto che i capitalisti controllano
in modo diretto o indiretto le principali fonti di informazione, tra
cui stampa, TV, radio, istruzione, editoria. L'obiettivo di Italia
Virtuosa è quello garantire un servizio pubblico di radio, TV ed
editoria, indipendente dai partiti e dal Governo, che sia in grado di
dare una informazione libera e completa.
Uno strumento di libertà e di corretta informazione è internet che ha
rotto il monopolio della carta stampata e della TV gestita da pochi
padroni che hanno manipolato finora le notizie secondo i loro interessi.
E’ inaccettabile che il finanziamento pubblico venga destinato solo
alle grandi testate di proprietà dei grandi gruppi economici che
controllano le notizie secondo le loro convenienze e disinformano
costantemente i cittadini, e non a quelli indipendenti che fanno
informazione corretta e libera.
L'Italia parte dell' Europa
Per secoli l'Europa è stata un campo di battaglia tra stati nazionali
che hanno portato alla tragedia dell'olocausto di sei milioni di ebrei e
di milioni di zingari e slavi. Il ritorno al nazionalismo, padre
naturale del fascismo e del nazismo, sarebbe preludio di nuove guerre e
del ritorno alle divisioni. L'Europa, nata come ideale necessario,
esigenza fisiologica insopprimibile, istituzione ispirata alla libertà,
alla giustizia, al diritto, al pluralismo e alla democrazia, è
degenerata nell'Europa dei capitalisti, dei banchieri e dei finanzieri.
L'Italia non può continuare ad essere una colonia degli USA, come è stata per oltre 50 anni.
Italia Virtuosa guarda all'Italia inserita nell'Europa unita su base
federale e solidale ; l'Italia continuerà ad esistere e ad essere
onorata ed amata come piccola patria in una patria più grande. L'Italia
non può esistere senza Europa. Sarebbe travolta da una crisi ancora più
grave e irreparabile. Non c'è analisi politica degli storici
indipendenti che non evochi le origini mediterranee della civiltà
occidentale, come insegna il prof Louis Godart, il grande studioso della
antica civiltà micenea di Creta. E non ribadisca l'esigenza di una
lungimirante iniziativa europea verso i paesi che si affacciano sulla
riva Sud del Mediterraneo, sempre più sconvolti dalle guerre.
La decisiva azione di sinergia stenta a decollare con l'ampiezza e
la determinazione necessaria. E questo per la semplice ragione che
l'Europa non esiste come entità politica autonoma ma è condizionata da
veti e voti di Paesi al servizio degli USA.
Italia Virtuosa promuoverà ogni iniziativa per promuovere il processo
di integrazione politica dei 25 paesi dell'Europa, nessuno escluso, e
dei suoi 450 milioni di cittadini, con il varo di una nuova
Costituzione fondata sui principi di garanzia ( uguaglianza dei
cittadini, diritti inviolabili al lavoro dignitoso, alla vita, alla
salute, al sapere, libertà di stampa, solidarietà ), sulla centralità
del Parlamento euro mediterraneo, e sul principio di maggioranza per le
decisioni in politica estera e della difesa. Italia Virtuosa spingerà
per la bocciatura del diritto di veto che finora blocca la nascita di
una Europa che conta come autonoma forza di pace. Italia Virtuosa crede
in un governo espresso dal Parlamento, che prenda le due decisioni a
maggioranza. Questo governo, retto sulla maggioranza dei cittadini,
essenza della democrazia, deve ancora essere realizzato. Disse Pertini
al Parlamento europeo trenta anni fa « Quello che abbiamo adesso in
Europa, è uno pseudo governo perché basta che il rappresentante di un
paese alzi il dito e dica “no” e ogni decisione è bloccata ». E questo
accade sistematicamente per i veti posti dalla Gran Bretagna per
ostacolare l'integrazione europea e una politica di pace in Medio
Oriente. L'Europa deve essere terra di mediazione, liberandosi
dall'egemonia americana.
L'Europa deve agire per il disarmo totale e controllato, con la
distruzione delle armi atomiche e delle basi missilistiche, che
espongono l'Europa e l'Italia a gravi rischi di rappresaglie. L'Europa,
in caso di un possibile conflitto nucleare, sarebbe rasa al suolo dai
missili forniti dall'Unione Sovietica a Teheran.
Non dobbiamo tornare alla barbarie della guerra, ma volere il trionfo
della pace e della solidarietà tra tutti i popoli della terra legati
dallo stesso destino.
La strada maestra per la pace e lo sviluppo è quella di superare la
procedura dei rapporti unilaterali, che ha comportato disparità di
condizioni nella evoluzione dei rapporti tra i Paesi del Mediterraneo,
optando per un approccio globale e paritario con tutti i Paesi del
Mediterraneo. Bisogna partire dall'integrazione economica tra i Paesi
che si affacciano sul Mediterraneo, come premessa per il superamento di
ogni contrapposizione sul piano politico tra popolazioni diverse per
cultura, lingua, etnia, religione, usi e costumi. Occorre partire
dall'integrazione economica per raggiungere traguardi politici e
culturali, per conquistare e consolidare la pace. L'obiettivo di
garantire la pace emerse già nel trattato che istituì la Comunità
Europea per il Carbone e l'Acciaio (CECA). Si legge nel trattato: «
considerato che la pace mondiale non può essere salvaguardata che con
sforzi creativi proporzionati ai pericoli che la minacciano e risoluti a
sostituire alle rivalità secolari una fusione dei loro interessi
essenziali, a fondare, con la mediazione della Comunità Europea, la
prima assise di una comunità più ampia e più profonda tra i popoli così a
lungo contrapposti da sanguinose divisioni e a gettare le basi di
istituzioni capaci di orientare un destino ormai condiviso» «L'Europa
potrà con maggiori mezzi perseguire la realizzazione di uno dei suoi
compiti essenziali, lo sviluppo del Continente africano ».
Una svolta importante si verificò nell'ottobre del 1972 quando il
Consiglio europeo riunito a Parigi, al punto 11 del comunicato
conclusivo, accolse la proposta della Commissione europea di «una
politica comune nel Mediterraneo”. Il passo avanti fu significativo ma
restò limitato agli aspetti commerciali, mentre restarono fuori agenda
aspetti cruciali come quelli della sicurezza reciproca e delle politiche
ambientali, da salvaguardare per la comune salvezza.
Il progetto di allargare l'area dei nuovi interessi ai paesi della
riva sud del Mediterraneo fu ripresa, dopo 23 anni, nella conferenza
euromediterranea di Barcellona tenutasi il 27 e 28 novembre 1995. Vi
parteciparono 15 Paesi dell'UE e 12 della riva Sud del Mediterraneo tra
cui i tre paesi del Maghreb Algeria, Marocco, e Tunisia e quelli del
Maghreb Egitto, Giordania, Libano, Siria, a cui si aggiunsero Israele,
Turchia, Autorità palestinese e Cipro. Nacque così l'europartenariato
sotto il controllo di un comitato incaricato di seguire il processo di
Barcellona. Obiettivo del partenariato era « di fare del bacino del
Mediterraneo una zona di dialogo, di scambio, di cooperazione che
garantisse la pace, la stabilità e la prosperità ». Ma esso venne
abbandonato per il prevalere dei nazionalismi e delle divisioni. Italia
Virtuosa vuole la concordia delle genti nel rispetto della giustizia
sociale tra i popoli. Non può esserci pace senza giustizia.
Noi dobbiamo la strada di una grande comunità euro mediterranea come strumento di pace e di sviluppo in tutto il mondo.
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