2009-08-11

La
riforma  federalista  e l’emergenza democratica

 

La
Costituzione e la democrazia secondo  Aristotele

 Aristotele, 
nel V secolo AC,  si occupò della Costituzione
democratica.  Egli, nel suo trattato sulla Politica, disse che
“base della costituzione
democratica è la libertà,
che è il fine di ogni democrazia”.  “Una
prova
della libertà consiste nell'essere
governati e nel governare a
turno:  in realtà in democrazia la massa è sovrana
e quel che i più decidono ha valore di fine, indipendentemente
dal merito di ciascuno. Nelle democrazie i poveri sono più
potenti dei ricchi perché sono di più e la decisione
della maggioranza è sovrana”.
(Aristotele politica
Laterza ed  Bari 2000 p.203)

Oggi
in Italia non c'è democrazia ma  regime, cioè 
dittatura della maggioranza, con il pericolo che la opposizione
resterà  tale per decenni e non governerà mai.

Parlando
di Costituzione e riforme, è bene ricordare alcuni
insegnamenti di Aristotele. In questo modo  capiremo meglio 
i pericoli incombenti sulla nostra democrazia con altre  
riforme che intaccano la Costituzione.

 

Il
primo
insegnamento  è che nello Stato “ è
preferibile che governi
la legge (la
Costituzione nda) più che un qualunque cittadino  e anche
se governino alcuni, costoro bisogna costituirli guardiani
delle leggi e subordinati alle leggi”.
“Chi raccomanda il
governo della legge (Costituzione),
raccomanda il governo di 
dio e della ragione,
mentre chi raccomanda il
governo dell'uomo, vi aggiunge anche quello della bestia
, perché il capriccio è questa bestia e la
passione sconvolge,
quando sono al potere,
anche gli uomini  migliori”.
“Quelli che stanno al governo sono soliti fare molte cose per
dispetto  o per favore”
( Aristotele Politica.
Laterza, Bari 2000 p.108-109)

Nessuno
può disconoscere l'attualità ed il valore  di
questa analisi, ricordando  scandali e arbitri di certi
governanti con  leggi   che non si ispirano al bene
comune. Al contrario Ciampi fu un guardiano della Costituzione,
rifiutando la ricandidatura alla Presidenza della Repubblica.

 

Il
secondo
precetto è di “non
esaltare  troppo  qualcuno
(che governa nda) oltre le
debite proporzioni, perché questo corrompe
gli uomini e non è
da tutti sopportare  una grossa fortuna. Ma la cosa più
importante  in ogni Costituzione  è provvedere
mediante le leggi affinché le magistrature (le cariche 
pubbliche) non abbiano a diventare fonte di guadagno”
( Aristotele ,ib
p.176) . “Bisogna
con leggi impedire che
nessuno raggiunga posizioni troppo preminenti per possibilità
di ricchezze, se no si devono allontanare costoro mediante
l'espulsione”.

Da
qui la necessità di non dare poteri eccessivi al premier e di
stabilire casi di ineleggibilità rigorosi evitando che persone
che monopolizzano l'informazione con concessioni  TV  o in
altro modo siano eletti in parlamento.  Questo viola il
principio della uguale possibilità di tutti i cittadini di
accedere alle cariche pubbliche ( art. 51 Cost). Questo obiettivo di
prevedere la ineleggibilità dei  titolari, anche per
interposta persona, di concessioni TV, pur  enunciato  dai
governi di centro sinistra, non è mai stato perseguito; di qui
il dominio assoluto di Silvio Berlusconi  nelle campagne
elettorali.

 

Il
terzo
precetto di Aristotele è che “quelli
che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi
di timore in modo che i
cittadini stiano in guardia
e non allentino la vigilanza 
intorno alla Costituzione” (Aristotele
Politica. Laterza Bari 2000, p.175)

Da
ciò la necessità, per chi crede  nella difesa
della Costituzione come pilastro della democrazia,  di
sensibilizzare i  cittadini  e soprattutto i giovani sul
pericolo che corre la democrazia  con le riforme costituzionali,
tra cui il senato federale e il premierato, che intaccano
l'equilibrio tra i  poteri e i diritti inviolabili dell'uomo .

 

I
requisiti  dei capi dello Stato, dei legislatori e dei
governanti

Aristotele
scrisse che “tre
requisiti devono avere quelli che si apprestano a coprire le
magistrature supreme”,
che corrispondono oggi al Capo dello Stato,  ai legislatori ai
governanti e ai magistrati. Il primo - disse- è “il
rispetto della Costituzione in vigore, poi estrema capacità
nei doveri della carica, terzo  avere virtù e
giustizia”.  (
Aristotele, Politica. Laterza, Bari 2000 p.177)

Guardando
all'Italia, dobbiamo riconoscere che questi requisiti mancano a 
gran parte dei politici investiti di cariche pubbliche  in
Parlamento e al Governo, molti essendo quelli che non rispettano la
Costituzione vigente, violandola con leggi incostituzionali 
come quelle che prevedono un trattamento sanzionatorio preferenziale 
o addirittura la impunità per coloro che rivestono cariche
pubbliche, leggi che tendono a ridurre il potere di repressione dei
crimini più pericolosi come quelli contro la Pubblica
Amministrazione: molti parlamentari e uomini di governo  sono
privi delle conoscenze essenziali che ciascun politico dovrebbe avere
in materia di Costituzione e di trattati internazionali; carenti son
infine  i requisiti della virtù e della giustizia in
molti parlamentari e persino in molti governanti  che si
abbandonano a comportamenti immorali e  diseducativi, essi che
dovrebbero essere  esempio di virtù civiche e morali 
per  tutti i cittadini.

 

Le
riforme annunciate

Il 
Corsera del 22 giugno 2009, all'indomani dei ballottaggi,  ha
rilanciato  il tema delle riforme  costituzionali volute
dal  governo da realizzare al più presto. Obiettivi
principali  sono il senato federale  e il rafforzamento
dei poteri del premier.   Su queste riforme sembrano 
d'accordo  PDL,  PD e Lega,  Il  PD non ha
tratto alcun insegnamento dalla infausta riforma  del titolo
V della Costituzione del 2001,  voluta  dalle
commissioni  bicamerali di Ciriaco De Mita  e Massimo
D'Alema, ed attuata dal Governo di Giuliano Amato nel 2001,  
per ragioni elettoralistiche: erano legate alla volontà di
creare, attraverso le Regioni   con una pletora di eletti
regionali,  nuovi centri di potere e di controllo delle risorse
pubbliche  derivanti dai fondi  europei e nazionali. 

La
nostra Costituzione,  varata da spiriti eletti come Aldo
Moro, Piero Calamandrei , Giuseppe Dossetti e Palmiro Togliatti, 
é finita, così, nelle mani di  ignoranti e  
avventurieri, e  rischia di subire  un  colpo 
mortale  con la annunciata  riforma federale che accentua
la disgregazione derivata  dalla riforma del titolo  V.

 Disse
Aldo Moro- è
bene ricordarlo-
:  “La
Costituzione contiene nella sua struttura un pericolo abbastanza
grave: che individui o gruppi, avversando in tutto o in parte le
norme essenzialmente politiche della seconda parte, siano
indotti ad avversare tutta la Costituzione in blocco, compresi quei
 principi di altra natura che vi sono inseriti”, cioè
i diritti inviolabili (art 1-12).
( A Moro  1948 ed Cinque Lune).

Il
pericolo    si   profila oggi  proprio nei
termini in cui lo paventò Moro.  Perché  la
riforma federalista – dei guasti del premierato abbiamo
detto più volte-  non solo modificherebbe
 l'organizzazione politica dello Stato, ma violerebbe  i
principi   di  solidarietà ( art 2), unità,
indivisibilità ( art 5), e l'equilibrio dei poteri - che
 sono  immodificabili.  

 

Il
federalismo secondo Ciampi

Carlo
Azeglio Ciampi condivide l'idea federalista come fattore di
sviluppo,  affermando che ogni apparente cessione di sovranità
alle regioni si rivela, in realtà, come conquista di una
maggiore, più vera e più forte sovranità comune
(Padova 19 marzo 2002). Ma  ritiene che  il federalismo 
accettabile è solo  il    federalismo
solidale, che non provochi spaccature nel tessuto
connettivo della società italiana (Sondrio  1 luglio
2003). Come avverrebbe  con le gabbie salariali proposte dalla
Lega,  con la divisione tra i lavoratori.

Ciampi
riconosce che la nascita delle Regioni fu un passo avanti ma anche
una delusione perché non diede vita al rinnovamento delle
amministrazioni  locali. “Con il federalismo dovrà
crescere- dice Ciampi- la capacità dei governi locali
di lavorare insieme, oltre che con i governi nazionale ed europeo,
ponendo attenzione ad evitare costosi doppioni”.
Ed invece si è verificata con le Regioni  una
“proliferazione burocratica, dispendiosa e dannosa per lo
sviluppo di ogni regione”.  Ed io aggiungo, una
crescita della corruzione e del crimine organizzato,  che
si sono impossessati di gran parte delle risorse destinate alla 
Regione campana e alle regioni del Sud. Basti ricordare la
confessione ai PM di Napoli di Gaetano Vassallo, ex ministro
dei rifiuti di Francesco Bidognetti, capo clan della zona dei
Mazzoni ( Caserta), Vassallo disse  “Per venti anni ho
contaminato il suolo, il cibo, le acque e l'aria della Campania,
complici, sindaci, politici , boss e contadini, ciascuno interessato
ad arricchirsi sulla pelle dei cittadini”. Nell'articolo di
Gianluca De Feo ed Emiliano Fittipaldi sull'Espresso si fanno i nomi
dei politici  di governo, dei funzionari del Commissariato di
Governo e dell'agenzia regionale dell'ambiente stipendiati dalla
camorra per coprire il traffico di rifiuti tossici provenienti dal
nord, si parla  della complicità di “uomini
delle forze dell'ordine a disposizione”, di “decine
di sindaci prezzolati”, gli stessi che scendono in campo
contro i termovalorizzatori, di “ funzionari della provincia
di Caserta che firmano licenze per siti che sono fuori dei loro
territori”. Mentre un fiume inarrestabile di tangenti
scorre e alimenta da  sempre la corruzione  e l'ascesa di
politici e amministratori corrotti. A completare il quadro desolante
di una terra senza speranza, in mano ad avventurieri e criminali, di
un meridione  senza  prospettive di crescita, è la
serie di processi contro amministratori locali e regionali, che
restano al loro posto nonostante le accuse di abusi e corruzione. 
I nomi sono comparsi  su tutti i giornali locali e nazionali.
Sono loro i principali alleati di Bossi e del federalismo 
egoista e  non solidale che la Lega persegue, con buone
ragioni di successo : evitare di  far pagare ai cittadini del
nord  gli sperperi delle Regioni del Sud 

 

Il
Senato Federale

Sul
piano dei rapporti   tra Camera e Senato, preoccupa 
  il progetto di Senato Federale (SF), omologo a quello 
approvato  dal Parlamento  con due deliberazioni  il
20 ottobre 2005  e  subito dopo  bocciato  dal
referendum popolare: Vassalli lo definì una scimmiottatura del
bundesrat della Germania. E lo  criticò  per
il predominio del Senato federale sulla Camera,  e 
la vasta competenza  che ad esso  rimane  sui
provvedimenti  della Camera dei Deputati , la cui
 rappresentanza è invece nazionale.“Un istituto
ibrido, incomprensibile in più punti”: conclude
Vassalli.

Al
SF in certi campi sarebbero dati  poteri di scelta più
ampi  di quelli della Camera. Oltre il potere di eleggere 4
membri della Corte Costituzionale,  mentre  alla Camera
ne resterebbero  solo 3  ( art 135 della Cost), (mentre
oggi ne spettano cinque al Parlamento in seduta comune), in
tal modo, con l'aumento dei giudici di nomina politica,  la
Corte Costituzionale non sarebbe  il giudice imparziale delle
leggi, ma diventerebbe un organo controllato dalla maggioranza al
Governo.

 Con
il SF , al Senato spetterebbe un groviglio di competenze,  tra
cui un potere di veto
  sugli stessi principi  fondamentali concernenti le
materie di competenza
concorrente tra Stato e
Regioni,  (rapporti internazionali, tutela e sicurezza sul
lavoro, istruzione,  ricerca scientifica e tecnologica, tutela
della salute, coordinamento della finanza pubblica  e del
sistema tributario, ecc art. 117  comma 3 Cost), Ciò 
nonostante l'attribuzione di Camera politica che si darebbe alla sola
Camera dei deputati. Un guazzabuglio che porta alla paralisi del
Parlamento ed alla disgregazione del Paese.

Impressionante
è la farraginosità del sistema escogitato per
disciplinare i rapporti tra Camera dei Deputati e Senato
federale nella formazione delle leggi. In tale sistema  si
annida il pericolo di una grave stasi legislativa: una riforma 
per aumentare i conflitti, mentre compito della democrazia è 
di evitare i conflitti, di comporli, di  sedarli.  

Osserva
efficacemente Augusto Barbera che il Senato federale
indebolisce  la funzione nazionale di  Governo. “Eletto 
in un periodo non coincidente con la elezione della Camera politica,
e con sistema elettorale diverso,  potrebbe avere una
composizione politica diversa da quella della Camera e  non
sarebbe legato ad un rapporto fiduciario con il Governo e non
soggetto a scioglimento anticipato. In materie rilevanti come i
principi  fondamentali  il Senato  federale sarebbe
chiamato a decidere in via definitiva mentre la Camera potrebbe solo
proporre emendamenti. In nessun paese a regime federale sono
attribuiti alla seconda Camera poteri di condizionamento della
funzione di Governo paragonabili a quelli costruiti per il 
Senato Federale  Italiano. Esso dovrebbe occuparsi in via
definitiva di “armonizzare i bilanci pubblici e di coordinare
la finanza pubblica ed il sistema tributario. L'esperienza ci dice
l'impossibilità di distinguere tali materie e l'importanza 
che esse assumono per la politica dei governi””.

 

Che
fare?

Che
fare per
arginare questo  progetto  disgregatore  dello Stato? 
Occorre in primo luogo contrastare il progetto di Senato Federale,
anche se su di esso fossero di accordo maggioranza e opposizione.

Occorrerebbe 
inoltre, dice Giuliano Vassalli, riformare il Titolo V artt 114-
117 della Costituzione ,  aumentando le competenze esclusive
dello Stato , in materia di tutela di salute,  sicurezza 
e  scuola che con la riforma del 2001  sono state affidate
alla competenza  concorrente delle Regioni: la competenza
concorrente ha dato luogo ad una serie di conflitti disgregatori.
Della stessa idea è il Presidente Giorgio Napolitano
che il 25 novembre 2004 , al convegno promosso  dagli ex
parlamentari a proposito della riforma  federale,  dopo
avere  definito “inaccettabile  il dilatare in
modo abnorme i poteri del primo ministro,
secondo uno schema che non trova l'eguale in altri modelli 
costituzionali europei e lo sfuggire  a ogni vincolo di pesi e
contrappesi, di equilibri istituzionali e di regole da condividere”,
concluse  che  bisognerebbe  rivedere il titolo V 
riformato che  ha definito in alcune parti  “orripilante”,
come l'art 114.

 Egli 
disse a proposito del senato federale, “non
resta che fare appello ai cittadini perché impediscano la
promulgazione di una legge di riforma  sconvolgente,
contraddittoria, produttrice di conflittualità e di paralisi
nei rapporti con le istituzioni.”

 

La
degenerazione federalista e la secessione morbida.

Una
conferma della incidenza negativa delle Regioni  con
maggiori poteri sullo sviluppo del Paese  viene dal Procuratore
Generale della Corte dei Conti che ha denunziato, nel giugno
2009, nella relazione sul rendiconto generale dello Stato  per
il 2008,  che “la corruzione è
una tassa immorale  e occulta pagata dai
cittadini pari a 50-60 miliardi di euro all'anno. Rispetto
alla quale è insufficiente l'azione repressiva che si limita a
prendere atto  di danni già verificati” . “Un
fenomeno che ostacola soprattutto nel Sud, gli investimenti esteri”. 
Nella classifica della corruzione , tra le prime cinque regioni, ce
ne sono quattro proprio nel sud : la Sicilia (13% del totale
delle denunzie), la Campania (11,46%) , la Puglia ( 9,44 ), la
Calabria (8,19) preceduta dalla Lombardia con il 9,39 del
totale delle denunce. A tutto questo si aggiunge l'aumento della
spesa corrente del 4,5% ( aumenti di stipendi e pensioni ). 
Questo  sperpero delle risorse pubbliche è dovuto anche a
scelte  errate di corrotti e  criminali assurti  a
cariche pubbliche elettive  locali e nazionali.

A
ciò si aggiunga  la mancata soppressione delle province,
enti inutili che costano 10-13 miliardi di euro l'anno, la cui
abolizione era nel programma del PDL , del PD e dell'UDC. Ed invece
la Lega si è opposta con l'avallo del PDL e del PD,  per
controllare tutti insieme i miliardi di euro  degli enti inutili
controllati dalle Province  e mantenere il proprio potere con
poltrone e prebende.

D'altro
canto e' stato vano  l'appello di Ciampi a
“intensificare  il metodo di concertazione e di
cooperazione tra  autonomie locali,  organizzazioni
produttive,  centri di ricerca e di educazione, 
associazioni di volontariato. A intensificare un più
produttivo uso delle risorse a disposizione”. “
Non ci facciamo illusioni- disse Ciampi- il nuovo modello di
governo democratico che sta nascendo  in Italia ed in Europa,
proprio perché più articolato, si annuncia più
complesso. Per realizzare la grande ambizione di diffondere
dappertutto  in Europa un maggiore generale benessere, una
maggiore diffusa giustizia sociale, un più alto livello di
democrazia e di partecipazione, il federalismo 
richiede un più alto livello di cultura politica, un
accresciuto impegno civile di amministrati ed amministratori, insomma
un nuovo patriottismo, al tempo stesso
regionale, nazionale ed europeo. La nuova Italia  di ispirazione
federalista  non potrà non  essere  una Italia
europea” ( Ciampi 19 .9.2001 Potenza)

“ La
struttura politica che stiamo creando non ha precedenti nella storia.
Comporta una duplice
devolution,
un trasferimento di compiti e di poteri
verso il basso
e verso
l'alto,
cioè verso un nuovo centro di governo comune europeo. In
questa struttura  democratica a tutti i livelli, ogni apparente
cessione di sovranità si rivela , in realtà, quale
conquista di una maggiore , più vera  e più forte
sovranità comune”.  
( Padova 19 marzo 2002)

Un
ultima considerazione riguarda il federalismo fiscale, che
Massimo D'Alema, dopo averlo votato, ha definito sul Corriere della
Sera del  29 giugno 2009, un far west; e che dovrebbe dare la
possibilità alle Regioni di imporre tasse e imposte a
carattere locale  in  sostituzione a quelle dello 
Stato centrale.

Il
disegno di legge delega sul federalismo fiscale è stato
approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri del 3 ottobre
2008. Il disegno di legge contiene una delega per dare attuazione
all’articolo 119 della Costituzione, come modificato nel 2001
dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione,
con cui è stata stabilita l’autonomia di entrata e di
spesa di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, con
l’attribuzione a tali enti di tributi propri e di
compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio, oltre ad un fondo perequativo statale, senza vincoli di
destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per
abitante. L'attuazione del federalismo fiscale punta – secondo
il relatore ministro Raffaele Fitto- sulla responsabilizzazione dei
centri di spesa, la trasparenza dei meccanismi finanziari e il
controllo democratico dei cittadini nei confronti degli eletti e dei
propri amministratori pubblici nel quadro di un armonico
funzionamento del sistema secondo l’articolo 119.

Il
nostro timore è che, con il federalismo fiscale,  le
Regioni saccheggiate da politici e amministratori- secondo la
relazione 2009 del Procuratore Generale della Corte dei Conti - da
amministratori di centro destra ,  di centrosinistra e della
lega, ( basta fare riferimento alle cinque regioni con il maggior 
livello di corruzione occulta ) , invitate a  pagare gli ingenti
debiti contratti per via delle tangenti,  faranno pagare ai
poveri  contribuenti   i loro misfatti finanziari. E
mi chiedo come sia stato possibile affidare a Raffaele Fitto, già
governatore delle Puglie, il compito di partecipare alla
elaborazione  del disegno di legge sul federalismo fiscale, con
un chiaro conflitto di interessi. Né ci tranquillizza il fatto
che il ddl sia stato approvato alla unanimità, poiché
sappiamo   il pactum sceleris che avvince maggioranza e
opposizione a livello regionale.

Il
nostro timore è che  la Lega tenda  non ad un
federalismo solidale,  rispettoso del principio della unità
e indivisibilità dell'Italia, ma alla secessione morbida
del Nord  dal resto dell'Italia  pensata  e voluta dal
prof. Miglio.  A questa secessione noi ci opporremo con tutte le
nostre forze.

Chi
decide di fare politica, deve essere pronto anche a dissentire dalle
scelte sbagliate dei  propri compagni di partito  e dei
cittadini ignari.

 

Ferdinando
Imposimato

 


Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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