2015-05-28

Abbiamo intervistato questo duo italiano che propone una musica elettronica con un concept molto particolare, dal punto di vista concettuale, nei testi e nelle intenzioni: parlare della Seconda Guerra Mondiale, con il suo carico di morti, focalizzandosi sugli schieramenti coinvolti e sulle vittime da ambo le parti.
1) Ciao e benvenuti! Potete presentarvi ai nostri lettori?

I Public Domain Resource nascono a Bergamo nel 2012 ed esordiscono con l’album “Dead Surface” nel 2013, uscito per EKP/Space Race records.

Il progetto è composto da Ugo Crescini (Vox) e Pietro Oliveri (Vox, programming, synths) e ci vede riuniti dopo quasi 30 anni. Negli anni 80 facemmo parte di altri progetti, anche insieme, durante l’ondata del post-punk.

2) Cosa significa il vostro monicker?

Nel 2012, abbiamo iniziato a distribuire gratuitamente la nostra musica, attraverso piattaforme del tipo Soundcloud e Soundclick. Il progetto nacque quindi senza alcuno scopo commerciale e da qui ne viene il nome. Una risorsa di pubblico dominio, appunto.

Il nome non è più cambiato, anche dopo aver firmato per EKP/SSR, soprattutto perchè nel frattempo avevamo ottenuto buoni risultati di ascolto e non ce la siamo sentita di cambiare.
3) Potete riepilogarci le note biografiche?

Come già detto veniamo da lontano, purtroppo anche anagraficamente…

Negli anni 80 partecipammo a diversi progetti musicali all’interno del movimento post-punk lombardo, con legami a quello che fu l’ambiente del Leoncavallo. Entrambi (Ugo in modo più profondo) collaborammo con le Officine Schwartz, uno dei primi progetti italiani di musica industriale.

4) Di base proponete un’Elettronica eclettica, dai toni spesso spaziali/kraftwerkiani (“Das Boot”), minimali, larghe pause atmosferiche che si perdono in lontananza (“The sergeant and the snow”); si percepisce un controllo quasi matematico del ritmo, delle frequenze e della forma-canzone, sempre modulata, anche se a tratti acquista una velocità ritmata (“Our Windows”). Il vostro full lenght è “Six Years”; potete parlarci del processo di song-writing del disco, e delle tematiche che avete trattato? Da alcuni titoli e indizi (parole come Kill, sergeant, soldier, bombs) mi sembra che lo abbiate incentrato su un discorso legato alle guerre o alle battaglie?

Come il primo album “Dead Surface”, anche “Six Years” è fondamentalmente un concept album.

Questa volta abbiamo deciso di affrontare un argomento un po’ delicato. Six years, sei anni. Sono quelli dal 1939 al 1945, cioè quelli che furono spesi per il più grande massacro che la storia ricordi.

Furono 71 i milioni di persone che persero la vita durante quella guerra e il solo pronunciarlo ci ha fatto riflettere sul fatto che in qualche modo, forse, non tutto era stato detto.

La seconda guerra mondiale spesso viene discussa soltanto per avvalorare le posizioni dei vincitori oppure per rafforzare tesi revisionistiche. Il tutto sempre e soltanto a beneficio di posizioni politiche ben definite.

Quello che forse manca, è un’analisi degli accadimenti da un punto di vista un po’ diverso. Quello di chi è morto.

E’ un punto di vista che non si può mettere in discussione, non è opinabile. I caduti non furono nè giusti nè colpevoli, furono semplicemente esseri umani ai quali venne tolta la vita e nella morte finalmente raggiunsero l’uguaglianza.

Non conta se combatterono tra le fila dei vincitori o di quelli che persero la guerra. In “Six Years” noi raccontiamo, cercando di immedesimarci, il loro punto di vista.

Ogni traccia dell’album racconta di uomini che parteciparono a quella follia e pagarono certamente di più dei sopravvissuti. Raccontiamo di soldati di entrambe le parti che soffrono e muoiono in egual modo. Non c’è alcuna differenza, erano uomini in modo uguale e con pari dignità di esseri viventi.

5) è interessante che abbiate effettato la voce, filtrandola e rendendola robotica, e tentando esperimenti innovativi (penso all’effetto vocale “cyber rap” di “Warm Frost” o “Our Windows”). Allo stesso momento, la scelta di “disumanizzare” la voce umana rendendola “sintetica” crea un effetto “alienante” (penso ad esempio a “Kill Rolf, Kill!” dove è stravolta fino ad un effetto “acido metallico”) come se aveste captato la voce da un prossimo futuro, o da qualche zona dell’universo, proveniente da chissà quale creatura… avete inserito anche, a tratti, dei sampler. Sembrano discorsi politici. Potete dirci qualcosa in più?

Il progetto è del tutto apolitico, tanto quanto lo siamo noi due a livello personale. La politica non è cosa che ci interessa e la lasciamo volentieri ad altri.

In alcune tracce abbiamo inserito dei campioni, come per esempio in “Cold Lighnting”. Si tratta del discorso che fece Winston Churchill alla nazione con il quale egli dichiarò che mai il Regno Unito si sarebbe piegato di fronte alla minaccia Germanica.

Questo pezzo racconta di un cittadino londinese che si ritrova sotto un bombardamento di V2 durante l’esecuzione di una sinfonia a teatro.

6) Avete già suonato live? Quali contesti si adattano alla vostra proposta?

L’unico live è stato lo scorso gennaio, partecipando allo spettacolo commemorativo dei 30 anni di attività delle Officine Schwartz. In quell’occasione abbiamo suonato delle versioni”riscritte” da noi di alcuni loro pezzi famosi.

Per il resto, non ci riteniamo degli animali da palco, soprattutto per problemi legati alla mancanza di tempo ed ai nostri impegni professionali.

7) Concludete a vostro piacimento l’intervista!

Ci piacerebbe concluderla con il testo di una traccia dell’album, “The Seargent and the Snow” che è liberamente tratta dal libro “Il Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern.

Pale and cold, shining like white gold

Hit my skin, avenging here my sin

Get away my brother, buy a day

Now I can, rely on my own strength

I can’t expect any help

I will fight to survive

I will kill to arrive

Give me your backpack and your pride

Give me your pain and your fright

Iron dogs, they hunt me down

Spewing fire, slaughtering our bones

We reply, with our cork guns

Just to try, to stop the avalanche

I can’t expect any help

I will fight to survive

I will kill to arrive

Give me your backpack and your pride

Give me your pain and your fright

Give me your backpack and your pride

Give me your pain and your fright

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