2015-02-17

Una nuova incarnazione musicale per i Vitra, autori di un rock industriale freddo, gelido e tagliente come un coccio di vetro… Ne abbiamo parlato in questa intervista con il trio.

1) Benvenuti! Presentatevi al nostro sito!

Siamo una band industrial/rock di Udine giunta ad una nuova incarnazione con dopo un passato da band più “classica” e orientata ad un certo tipo di gothic/rock. La nuova line-up dei Vitrea è composta da Livio Caenazzo al basso e voce, Mattia Romano alla chitarra e Daniele “Dead Bones” alle tastiere/sintetizzatori. Abbiamo da poco pubblicato un nuovo album che è l’espressione della nuova natura della band, più elettronica e industrial.

2) Vitrea: sì, rimanda proprio al vetro. A qualcosa di lucido, ma freddo. Trasparente ma duro. Avete scelto la finale in -a, e questo “femminilizza” il vetro. Forse rappresenta una sorta di oscura figura femminile che abbia le caratteristiche del vetro, anche quella più terribile: la capacità di tagliare, a fondo.

Il nome Vitrea è stato scelto per le sensazioni che evoca e per il suo suono. Freddo, trasparenza, capacità di tagliare ma anche fragilità e possibilità di riflettere la luce con sfaccettature diverse. E’ una metafora di molti aspetti del mondo in cui viviamo, attraente e capace di ferire allo stesso tempo. Crediamo che il nome si adatti bene alla nostra musica, oggi ancora più che in precedenza.

3) Potete riepilogarci la vostra biografia? Primi passi, primo demo ed esperienze… Vi definite “Industrial Rock”.

La band si è formata ufficialmente nel 2007, anno a cui risale il primo demo che conteneva tra brani di matrice gothic/rock con elementi metal. La formazione di allora era un power trio, batteria, chitarra e basso+voce. Il primo EP che ha avuto una certa risonanza è stato “Nadir”, autoprodotto nel 2011 che ha raggiunto più di 1000 downloads dal nostro sito, ed è tutt’ora in scaricabile gratuitamente dalla nostra pagina Soundcloud. L’EP ci ha permesso di esibirci in diversi contesti importanti del nord-est italiano. In Nadir abbiamo sperimentato diversi stili, pur essendo un album di sole 7 tracce è piuttosto eterogeneo. Si riconoscono gli echi di generi diversi e tipicamente nelle recensioni è stato definito come un album pieno zeppo di influenze, cosa che ci sentiamo di confermare. Conteneva già i semi di quello che sarebbe diventato il nostro attuale sound, sicuramente più “industriale” e elettronico, anche se l’influenza di band come Tool e Katatonia era prevalente esso. Il naturale passo successivo a Nadir era quello di prendere una direzione tra le varie sperimentate e così è stato. Ci siamo trovati più a nostro agio nel muoverci su territori caratterizzati da beat elettronici, samples e sintetizzatori ed abbiamo deciso di continuare il cammino in tal senso.

4) Ora parliamo di “Songs of Glass”. Anche qui, nel titolo, ricompare il vetro: scorgendo i vostri titoli, avete ripreso elementi concettuali legati al vetro e alle sue caratteristiche: “Walls of Glass”, “Venere” (Dea della Bellezza, e quindi, dell’immagine muliebre riflessa allo specchio) e per esteso, il freddo (“January”, “White road”); la copertina invece è molto minimale, astratta, ma su colori cupi (nero, viola e magenta intervallati dal bianco).
Potete parlarci della genesi e del processo di song-writing?

“Songs of glass” costituisce una raccolta di brani scritti in un arco di tempo relativamente lungo che va dal 2011 al 2014. Oltre a questi brani “nuovi” ce ne sono due estratti dai primi lavori che si prestavano bene ad essere riarrangiati e adattati al nuovo sound, “The White Road” e la ghost track “Broken Machine III”.

Spesso il primo LP di una band è omonimo, nel nostro caso abbiamo voluto che il titolo del disco rimandasse comunque al nome del gruppo, un elemento autoreferenziale per dare un forte messaggio riguardo la nostra identità. Le tematiche trattate dai testi, anch’essi piuttosto minimali, sono diverse tra loro: “Songs of Glass” non vuole certo essere un concept album ma ci sentiamo di dire che in esso ci sia una certa uniformità nelle atmosfere dei brani, molto cupe e oniriche.

Dopo diversi anni passati con una formazione tipicamente rock abbiamo compreso che il nostro modo di scrivere canzoni, avrebbe trovato una migliore espressione con una chiave più elettronica: la stesura dei brani avveniva infatti raramente in sala prove e più sovente le canzoni venivano scritte con un approccio più ragionato da un singolo componente della band e poi condivise in forma di partitura elettronica. Molti brani già arrangiati per una formazione tipicamente rock sono stati trasposti e rimaneggiati in studio ottenendo un risultato molto di più soddisfacente nonostante abbia portato ad una frattura del gruppo con una conseguente nuova line-up. E’ un disco che avuto quindo una genesi piuttosto atipica. In futuro crediamo che i brani comunque continueranno a nascere da idee ottenute direttamente imbracciando i nostri strumenti, perfino una chitarra acustica, piuttosto che da un arrangiamento diretto in studio.

La copertina è stata realizzata in totale libertà da una nostra cara amica (potete visitare il suo blog https://cristinfrancesca.wordpress.com/) che ha interpretato visualmente la nostra musica. Esiste peraltro una versione fisica in CD, per i pochi che ancora ci tengono a “tastare” le opere musicali. Crediamo molto nella collaborazione tra musicisti e artisti in senso lato. Uno dei testi è stato scritto da un amico, Gabriele Beltrame, grande amante della Poesia con cui contiamo di lavorare anche in futuro su altri brani. Speriamo in futuro di collaborare anche con altre bands della nostra zona, ci sono vari musicisti validi nella scena alternativa locale.

5) The White Road è una delle vostre canzoni più oscure e conturbanti… aleggia quasi lo spirito dei The Sisters of Mercy del primo periodo; in “Antiheroes” e “Uranium” sembrate una versione da incubo di band shoegaze come gli Slowdive… per l’approccio gelato che avete, vi avvicinerei ai Lycia; In “SPM” è forte anche un’impronta a-la Placebo, anche se dal punto di vista delle vocals e di certe soluzioni d’arrangiamento, voi siete molto più cupi.. Che ne pensate? Siete d’accordo con questa mia analisi?

Sì, siamo d’accordo, anche questa volta si possono riconoscere diverse influenze nel disco. Non la riteniamo una cosa negativa visto che crediamo di essere riusciti ad avere una nostra personalità riconoscibile che emerge brano dopo brano. Il mixaggio molto riverberato delle songs e un basso spesso in primo piano collocano il disco in territori non lontani dalla shoegaze e pur essendo cupi ci piace avere una vena “pop” che renda i brani più fruibili e immediati.

6) Perché il cantato in italiano, per “Venere”? Pensate di ripetere più spesso questa scelta? La canzone ha un’aurea molto rarefatta anche se nel break centrale acquista una pesante drammaticità…

Nel periodo dopo l’uscita di Nadir abbiamo scritto diverse canzoni in italiano senza però riuscire a raggiungere risultati per noi soddisfacenti. Venere è stata un’eccezione, mentre gli altri brani sono stati successivamente rifatti in inglese, Venere ci piaceva così com’era nella sua prima versione. Difficilmente scriveremo altri brani in italiano, l’inglese ci fa sentire più a nostro agio ma siamo contenti di avere sperimentato.

7) Ho letto che vi siete esibiti in contesti come il Revolver Club e il Gloomy Day 2012. Potete raccontarci queste esperienze? Quanto hanno inciso sulla vostra evoluzione? E avete in cantiere altri appuntamenti?

Revolver Club e il Gloomy Day 2012 sono state due occasioni importanti per far conoscere la band all’epoca dell’EP Nadir. Sicuramente delle ottime esperienze, ma da allora la formazione è completamente cambiata ad eccezione di Livio. Quello che stiamo vivendo ora è di fatto un nuovo inizio con un nuovo assetto sul palco sia da un punto di vista stilistico che tecnico.

Ci saranno sicuramente molti appuntamenti in futuro. Il 6 Marzo avremo il piacere di aprire il concerto dei Cult of Youth a Pordenone, una settimana dopo ci esibiremo a Trieste al Licht und Blindheit, il classico appuntamento gothic del capoluogo.

Il nostro obbiettivo per l’autunno sarà di muoverci fuori dai confini italiani. Il nostro sito (www.vitrea.org/gigs) e la nostra pagina facebook sono i posti migliori dove aggiornarsi riguardo ai prossimi appuntamenti live.

8) Concludete a vostro piacimento la nostra intervista!

Grazie per la piacevole intervista e per l’impegno che dimostrate costantemente nel sostenere la scena alternativa. Ci vedremo presto in sede live!

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