Fonte l’Antidiplomatico – Come consulente del Ministero delle finanze russo nella dissoluzione del rublo, Granville ripercorre con l’AD quell’esperienza e traccia un parallelo con la zona euro.
L’economista francese Brigitte Granville è stata membro della Commissione Sachs che, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, offrì consulenza al Ministero delle finanze russo nello smembramento dell’area valutaria del rublo. Le abbiamo chiesto di ripercorrere brevemente quell’esperienza e di rimarcare possibili differenze e similitudini se un tale scenario dovesse avvenire anche all’interno della zona euro.
Per l’economista francese saranno le elezioni in Grecia l’elemento determinante di tutti gli sviluppi futuri della zona euro. “Una Grecia governata da Tsipras avrà due opzioni: accettare lo status quo (in quel caso il progetto di Syriza si sarà rilevato futile) o la Grecia dovrà inevitabilmente dichiarare il deafult ed uscire unilateralmente dalla zona euro. Se Syriza vince le elezioni senza essere stato onesto verso i propri elettori rispetto a questa realtà, allora il fallimento della democrazia sarà “fatta in casa” e non il risultato di interferenze da parte di poteri esterni e dei creditori.”
- Dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, Lei ha fornito consulenza economica al Ministero delle Finanze russo nella gestione della fase di smembramento dell’area valutaria del rublo. Ci potrebbe dire quali sono state le maggiori difficoltà che hanno dovuto incontrare i diversi paesi nella transizione alle loro monete nazionali?
La difficoltà di tutte le Repubbliche dell’ex Unione Sovietica, inclusa la Russia, è stata quella di sviluppare la disciplina di controllo dei loro deficit di bilancio e di comprendere che il finanziamento monetario dei deficit di bilancio significava maggiore inflazione.
E’ importante ricordare che nessuna di queste Repubbliche aveva accesso ai mercati finanziari e quindi non poteva prendere in prestito dai mercati. Nessuna di queste Repubbliche aveva avuto la possibilità di affrontare i meccanismi dei mercati per un lungo periodo e la curva di apprendimento era ripida in seguito all’introduzione delle singole monete nazionali.
La scelta di monete uniche e separate è stata determinata dai criteri della disciplina fiscale. Quando i paesi hanno le loro monete, sono costretti ad affrontare le consequenze della loro dissolutezza. Decisioni così dure per le popolazioni possono essere prese meglio direttamente dalle autorità nazionali, che sono meglio equipaggiate nel gestire gli alti costi alla luce delle condizioni e prospettive locali.
- In una recente conferenza a Pescara, Euro, mercati, democrazia 2014 – L’Italia può farcela?, Lei ha dichiarato che alla dissoluzione dell’area del rublo si opponevano principalmente tre “multinazionali”: Fmi, Ue e NATO. Sono le stesse organizzazioni che stanno oggi impedendo la fine della zona euro ed il ritorno ad un sentiero economico sostenibile per i paesi membri?
Il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea privilegiavano un’area del rublo cooperativa nella quale la Russia avrebbe dovuto fornire de facto l’ancora nominale e la stabilità macroeconomica nella regione. In realtà, il preservare il rublo come moneta unica senza nessun mezzo di controllo sui debiti incoraggiò i paesi a competere l’uno con l’altro per deficit sempre maggiori, deficit che, nell’assenza di azioni finanziari non monetarie, erano necessariamente coperti da immissioni di liquidità da parte della Russia. Questa ha contribuito a minare gli sforzi della stabilità monetaria delle autorità russe dato che i problemi di free-riding fiscale e monetario verso la Russia da parte delle altre Repubbliche sorte dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica si è rilevata insormontabile (Havrylyshyn and Williamson, 1991) ed ha così impedito al governo di accedere su larga scala al supporto finanziario da parte del Fondo Monetario Internazionale. (Granville, 2002).
Nel caso dell’euro, il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea e la NATO preferirebbero mantenere lo status quo, ma il principale ostacolo allo smantellamento dell’Unione monetaria sono le ambizioni geopolitiche e le paure da parte delle principali Elite nazionali. Per quelle francesi, ad esempio, dalla seconda guerra mondiale in poi, l’allineamento con la Germania è stato l’elemento centrale nel progettare le ambizioni di influenzare sia in Europa che nel mondo. Per le Elite francesi uscire dall’euro sarebbe vissuto, in altri termini, come un fallimento politico storico.
Le popolazioni in molti paesi, incluso la Grecia, temono anche che, in caso di uscita dall’euro, le loro istituzioni ed i governi non possono essere in grado di garantirgli la disciplina fiscale e monetaria necessaria per promuovere la ripresa economica. Il peggior scenario di tutti sarebbe quello in cui i membri della zona euro come Italia, Francia, Spagna lasciassero la zona euro e poi iniziassero a fare politiche di svalutazione e di deficit spending senza accompagnarle con le riforme strutturali necessarie dal lato dell’offerta. Un tale scenario produrrebbe una situazione anche peggiore per le loro economie di quella drammatica che gli si prospetta nel restare nella disastrosa zona-euro attuale.
- Quali differenze vede nella situazione attuale della zona euro rispetto a quella del rublo? E quale sarebbe il miglior scenario di dissoluzione possibile per la moneta unica europea?
Esistono molto differenze. Nel caso del rublo, la Russia si è fatta carico dell’intero debito dell’URSS, non vi era accesso al mercato e poi vi era una situazione in cui un’economia di “comando” (pianificata a livello centrale) era in vigore da oltre 70 anni.
Per quel che riguarda la zona euro, debiti sovrani immensi con una crescita economica stagnante pongono rappresentano le principali sfide future sui deficit di economie come quella francese, che non sono ancora a rischio default per i tassi relativamente bassi sui bond. Ma questo finché il mercato lo deciderà.
Il miglior scenario possibile di dissoluzione della zona euro è sicuramente uno smantellamento ordinato: sfortunatamente, dato l’attaccamento politico delle Elite alla moneta unica, questa soluzione resta al momento improbabile. Naturalmente l’uscita dall’euro ha dei costi, in particolare l’inflazione, che seguirà la svalutazione dei paesi in deficit, ma i benefici in termini di maggiore competitività ed erosione del reale valore del debito supererebbero molto presto tali costi.
- A fine gennaio ci sarà un’importante elezione in Grecia. Il partito d’opposizione, Syriza, il solo critico dell’attuale architettura istituzionale europea, è la vittima dei continui attacchi da parte dei mercati e della burocrazia europea con l’obiettivo di convincere i greci a votare per il “Memorandum”. Lo stesso destino, molto probabilmente, accadrà anche in Italia, Spagna e Francia verso quei partiti critici dell’Ue. Cosa resta dei principi democratici una volta vigenti nei paesi dell’Europa del sud?
In Grecia si terranno elezioni generali il 25 gennaio e gli ultimi sondaggi danno in vantaggio il partito di SYRIZA in vista della formazione del prossimo Parlamento. Dato che il principale partito d’opposizione greco farà alcuni cambiamenti rispetto alle scelte fatte nel paese negli ultimi quattro anni e ci sarà un grande alleggerimento del debito posseduto dal resto dell’area euro, le relazioni tra la Grecia e la Troika saranno molto difficoltose nei prossimi mesi.
Quello che non è ancora chiaro è se Syriza ha la volontà politica, il coraggio e l’onestà per portare avanti il suo ragionevole programma di riduzione del debito greco per creare le premesse per una politica fiscale espansiva. Se i creditori della Grecia (Troika) dovessero rifiutarsi di accettare i termini di Syriza, allora una Grecia governata da Tsipras avrà due opzioni: accettare lo status quo (in quel caso il progetto di Syriza si sarà rilevato futile) o la Grecia dovrà inevitabilmente dichiarare il deafult ed uscire unilateralmente dalla zona euro. Se Syriza vince le elezioni senza essere stato onesto verso i propri elettori rispetto a questa realtà, allora il fallimento della democrazia sarà “fatta in casa” e non il risultato di interferenze da parte di poteri esterni e dei creditori.
Per quel che riguarda la democrazia, non esiste più nulla di democratico nel continente europeo. In un mondo economico integrato, del resto, c’è poco spazio per gli “outsiders”. Basta ricordare, per fare un esempio, il periodo 1981-1983 in Francia durante il primo mandato di Mitterand, quando l’allora presidente francese volle attuare misure di sinistra. Poco dopo è dovuto tornare sui suoi passi.
Sulla relazione tra democrazia e globalizzazione consiglio la lettura di questo paper di Eichengreen and Leblang (2006) sempre attuale: http://www.bis.org/publ/work219.htm
- Lo scenario più probabile di dissoluzione della zona euro resta, come indicato da diversi analisti, un aumento fuori controllo dei tassi d’interesse per i bond spagnoli ed italiani o prevede altre possibili cause deflagranti, per esempio in Francia?
Per quel che riguarda la prima ipotesi da inizio settembre, i titoli sui bond del governo greco sono cresciuti di circa 400 punti base, mentre quelli di Italia e Spagna sono diminuiti di 60 punti base. Come in ogni crisi finanziaria, è difficile prevedere quale possa essere la ragione scatenante ultima. La situazione in Francia, ad esempio, è critica dato l’alto tasso di disoccupazione e il bassissimo livello d’inflazione. Proprio ora, il presidente Hollande sta contando sulla situazione internazionale – parziale ripresa negli Stati Uniti e bassi tassi dell’energia – nella speranza di una ripresa. Ma la situazione per Parigi può divenire presto esplosiva, dato che l’economia francese ha bisogno di crescere di circa l’1% del Pil per impedire alla disoccupazione ed al debito pubblico di continuare a crescere.
Una fonte di vulnerabilità molto forte proviene dal sistema bancario. La crisi potrebbe presto esplodere nella misura in cui ci fossero fughe di capitale da parte delle banche greche e nella misura in cui la BCE non fosse disposta ad autorizzare l’esposizione del sistema Target2 in Grecia.
(L’ESCB è esposto in Grecia con 42 miliardi di euro del bilancio Target2, che potrebbero presto aumentare con la fuga di capitali)
- Per salvare l’euro nel 2012 le Elite europee hanno imposto il Mes e Fiscal Compact, due trattati internazionali che hanno causato enormi sacrifici alle popolazioni. Pensa possibile nel 2015, sempre per ritardare la fine dell’euro, l’applicazione di altre misure vessatorie come ad esempio il prelievo forzoso sui conti correnti come recentemente accaduto a Cipro?
Lo dubito e ritengo che, più probabilmente, la Bce introdurrà misure di Quantitative Easing (QE). La Bce, a tal proposito, dovrebbe annunciare un acquisto di titoli sovrani nel board previsto il 22 gennaio. Ma, dati i dubbi dei mercati su un eventuale capacità di un governo SYRIZA di onorare i suoi obblighi, la Bce è probabile che dichiari che l’assicurazione sui rischi di credito restino di competenza delle banche centrali nazionali.
- Dopo anni di crisi, peggiore di quella che il mondo conobbe dopo la Grande Depressione del 1929, la zona euro è comunque sopravvissuta, anche se a costo di una povertà diffusa, disoccupazione di massa, una spirale debito-deflazione ormai fuori controllo e la rinegoziazione di diritti sociali acquisiti. Ma, nonostante tutto, è sopravvissuta. Ed, anzi, altri paesi, da ultimo la Lituania, hanno scelto di fare il loro ingresso. L’ipotesi che la moneta unica resterà in vigore ancora per molti anni è un’opzione che dobbiamo tenere in considerazione? E se si come diventerebbe la periferia della zona euro nei prossimi anni?
Questi sviluppi devono essere ponderati rispetto all’incertezza politica in Grecia dove le domande sulla partecipazione della zona euro stanno riemergendo, e dalla recessione in Russia. Se la Grecia dovesse tornare ad essere a rischio uscita dall’euro, questo avrà molte ripercussioni per la regione. E lo stesso per le sanzioni, la chiave sarà sul come l’area Euro evolverà. Molto dipenderà dalle conseguenze che una profonda recessione economica avranno sulle scelte di politica estera del Cremlino.
- Il futuro dell’Europa sembra incanalato su una strada ben precisa. E’ chiaro che, specialmente dopo le interferenze della NATO in Ucraina e le sanzioni in Russia, il passaggio inevitabile dell’integrazione europea si chiama TTIP, l’area di libero scambio con gli Stati Uniti, che le Elite europee vogliono approvare nel 2015. Siamo quindi destini a perdere gli ultimi residui di sovranità delegandola a Washington, con la mediazione di Bruxelles?
Il TTIP non farà molto differenza. Come ho ricordato prima, la nozione di sovranità in un ordine economico integrato è più una questione meramente filosofica che economica.
Fonte: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=9988