2016-06-14

aliceindustland:

andsomefoolishstuff:

Nel ‘96 del secolo scorso mio padre andò in pensione. Sulla carta. Nella realtà aprì una piccola s.a.s. a “gestione famigliare” ( ovvero la gestiva lui ) nella quale inserì me e mio fratello maggiore come soci accomandatari, in virtù del fatto che voleva continuare a lavorare senza però rinunciare ad un ghello della pensione tanto agognata e finalmente ottenuta.

Io il lavoro di mio padre non lo volevo fare. Io non volevo diventare mio padre ( ucciso in un sogno precedente, ma il tribunale non mi ha dato fiducia ). Avevo scelto di studiare da geometra. Neanche mio fratello maggiore voleva diventare mio padre ( per quanto non abbia mai sognato di farlo saltare per aria ), ed infatti faceva il cuoco.

Mio padre invece faceva il progettista meccanico di secondo livello, cioé quei tizi senza basi studiate ma che avevano rubato il mestiere ai vecchi studiati ( certo che il mondo del lavoro è sempre stato una merda, comunque ). Da tornitore aveva fatto la scuola serale per disegnatori ed era riuscito ad entrare nell’ufficio tecnico della sua azienda come particolarista ( detto anche giovine di studio ). In pratica cominciò la sua carriera nel mondo dell’impiego di concetto disegnando viti e rondelle. Dopo 35 anni era diventato responsabile di commessa.

Mio padre ha sempre avuto la segreta aspirazione che uno dei suoi figli raccogliesse la sua eredità. Sia a mio fratello maggiore che a me aveva pacamente consigliato di intraprendere il percorso da perito meccanico, una volta finite le medie. Nessuno dei due gli ha dato ascolto. Lui conteneva lo scorno con malcelata insofferenza ( leggasi bestemmie a nastro e cazziatoni di ore per qualsiasi minchiata andata storta a scuola e nella vita e anche qualche assalto fisico a ceffoni a mano aperta ). Mio padre sapeva far piangere la gente: dalla vergogna, dalla rabbia e dall’impotenza ( una volta l’ho visto far piangere di rabbia un uomo di 50eppassanni ).

Fatto sta che alla fine ( in modo del tutto diverso da come se l’aspettava, certo ) finalmente ottenne la sua soddisfazione, se così si può dire. E indovinate quale dei figli fu così devoto ( leggasi coglione epocale ) da dargli detta soddisfazione?

In quinta superiore riuscii a farmi segare per la condotta ( non ero un criminale, ero un contestatore ). Non mi fecero arrivare neanche agli esami: non ammesso. Era ancora l’epoca aurea in cui con il sette in condotta potevano abbassarti le medie di uno o due punti. Così tutti i miei 6 e 7 faticati diventarono dei simpatici 5 e 4 regalati.

La piccola s.a.s che si occupava di progettazione di impianti siderurgici giungeva all’epoca al suo primo anno di attività.

“Sei stato segato quindi vai a lavorare” disse il Vecchio ( sul lavoro lo chiamavo così, in accordo alla prassi dell’ufficio ). Non potevo oppormi, perché era una clausola standard della casa, da sempre. Si va a scuola finché si studia con profitto ( anche se detto profitto non era mai sufficiente secondo le sue aspettative ), altrimenti si va a lavorare, che non ci possiamo permettere di mantenere gente a scuola a fare un cazzo di niente. Perché era sempre così: o centravi l’obbiettivo ( e comunque non era abbastanza centrarlo, dovevi fare bull’s eye per stare sereno ) oppure voleva dire che non avevi fatto un cazzo.

E comunque sino al “vai a lavorare” ci si poteva ancora stare. Il problema nacque quando al “vai a lavorare” si aggiunse il “dove dico io”.

E fu così che divenni figlio d’arte. Ai tempi ( 19 anni appena compiuti ) non ero ancora abbastanza forte caratterialmente da oppormi a mio padre. Anche perché di fronte ai miei rifiuti di allinearmi alle sue direttive veniva sempre posta la minaccia di esilio dalle mura domestiche ( a ben pensarci l’esilio è sempre stata la minaccia preferita di mio padre, a cominciare dallo spauracchio del brefio in età infantile ).

Cominciai la mia carriera da disegnatore come esterno prestato presso la ditta ( parolone-one-one, erano lui e la segretaria ) di un tizio di 70 anni così pieno di soldi che per lui era giusto tagliare le paghe pattuite in corso di lavoro. Un tizio dispotico che, se a metà giornata finivi i compiti assegnati il mattino, ti cacciava a casa per non pagare le 8 ore. Dopo essersi fatto lo sconto sulla paga oraria. Per mio padre, ovviamente, la colpa era mia che non ero capace di propormi, che lavoravo male, che non ero competente. E grazie al cazzo! Io facevo il geometri, mica il periti meccanici.

Mi iscrissi al serale per prendere il diploma e scappare da quella situazione, ma alla sera, dopo aver lavorato ed essere tornato ed essersi sentito dare del coglione per ogni cagata, chi cazzo ha la voglia e la forza di andare a farsi trattare da ragazzino da un professore abituato a trattare con ragazzini. Cioè, tu ormai lavori, i tuoi problemi trascendono le minchiate del prof, dio porco.

In soldoni un anno buttato.

Ci riprovai l’anno dopo, e preso il diploma me ne andai da casa. Più o meno. Di fronte alla mia insistenza per avere una retribuzione e un inquadramento che mi consentisse di entrare nel mondo del lavoro la soluzione fu l’esilio. Dalle mura dmestiche, dal consesso famigliare, dalla società in accomandita semplice.

Dovendo trovare un modo per mantenermi il più in fretta possibile aprii partita iva. Dio cane, che cazzo ho fatto?

Vabbé, il risultato di tutto questa storia qual’è? Cioè: ho fatto la notte, c’ho sonno e ce ne ho veramente i coglioni pieni.

Quindi: attualmente mi trovo in questa specie di limbo nel quale ho l’esperienza, le capacità e le competenze e non ho un cazzo di titolo studio che le dimostri come tangibili. Vado a fare colloqui su colloqui ( non avete idea di quanti disegnatori cerchino ) per fare sempre la fine di quello che tira la volata al candidato più papabile per l’agenzia che si occupa della ricerca. Sono quello il cui curriculum viene messo di fianco  a quello da far risaltare agli occhi del cliente. Ogni volta sbattimenti della madonna: vai qui, torna lì, scrivi fogli su fogli di presentazione della tua carriera perché tutti vogliono sapere qualcosa di diverso ( non ci farebbe un elenco sintetico degli impianti che ha fatto nel corso della sua carriera? Due cazzo di giorni per scriverli e non ci sono nemmeno tutti, dio cane ), perditi mezza giornata per 10 minuti di colloquio in cui un tizio o una tizia completamente ignorante in materia si occupa della “area tecnica” e per capire la tua competenza ti chiede che cosa?

“Quanto era lungo l’impianto più grosso che ha disegnato?”

Ma stronzobarrastronzadelcazzo… ma la complessità di un lavoro e la competenza di chi lo ha eseguito si misurano in metri? Ma porco dio, ma lo sai che un impianto di aspirazione può essere lungo anche chilometri di tubo, ma sempre un cazzo di tubo attaccato ad un ventilatore è? Ma lo sai che ho disegnato dei forni a rulli per il trattamento dei tubi in acciaio al carbonio in atmosfera controllata di azoto e idrogeno lunghi anche 164 m.? Solo i forni porco dio. Non ne esistevano di così lunghi e con quella mostruosa capacità produttiva prima che li disegnassimo noi, lo sai? Ah, non sai cos’è quella roba lì, vero? Atmosfera uot? Coglione/a testa di cazzo. Vuoi sapere quanto era esteso l’impianto? Ma vaffanculo vacca madonna. Prenditi una foto aerea degli stabilimenti Marcegaglia di Casalmaggiore rincoglionito/a. Hai la minima idea delle competenze che ci vogliono per fare una progettazione del genere senza che nel forno si inneschi una reazione con un infiltrazione di ossigeno e generi una bomba H? Ce l’hai o no dio cane? Vanno a 900°C quegli affari sai? E con i bruciatori intubati. Lo sai che ho fatto fusori ribaltabili per l’alluminio da 50/60/75t di bacino? 1200°C di temperatura in volta, idiota. O che ho disegnato forni di tempra a passo di pellegrino per tubi da trivellazione lunghi 75m.? I tubi dio cane, non i forni. Li portano in giro con gli elicotteri, hai capito? No che non hai capito porco dio. Non sai neanche cos’è la movimentazione a passo di pellegrino, figurati se hai una minima idea degli accorgimenti necessari per renderla efficace alle alte temperatura senza causare dispersione di calore dalla suola del forno. O della ricerca necessaria per trovare le leghe adatte per l’esercizio a cui sono sottoposti gli organi di movimento. E le battterie di forni a campana? Per non parlare degli impianti accessori a tutta sta merda. Ma vaffanculo, va.

E poi mi dai la mano e mi dici: “Grazie mille per il suo tempo, le faremo sapere in caso.” e sorridi condiscendente come si fa coi ritardati.

Ma che cazzo vuoi farmi sapere tu? Tu non hai un cazzo di niente da farmi sapere. Di quello che sai tu me ne faccio carta igienica, puttana la madonna.

Forse l’ho già detto, ma ce n’ho davvero i coglioni pieni.

quando a farti il colloquio è uno che sta facendo un tirocinio sottopagato, ma in verità ha il diploma da ragioneria e tu invece 20 anni di esperienza

signori e signori ecco la fantastica riforma del lavoro come ci ha risolto i problemi

però ci sono i voucher

Quante ne conosco di storie così (ottima prosa, complimenti!)

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