2015-09-26

LONDRA – La stanza è ampia e ben illuminata, nel palazzo al centro di Londra che ospita gli uffici di Apple. Da un lato c’è un grande monitor, che manda le immagini di un concerto della sera precedente alla Roundhouse, uno dei molti dell’Apple Music Festival in corso a Londra, che viene mandato in diretta on line e on demand, gratuitamente, ogni giorno in tutto il mondo. Dall’altro lato c’è un piccolo palco, con un pianoforte, chitarra, basso, batteria, il posto perfetto dove incontrare una rockstar, non l’ufficio di un’azienda.

E’ li che ci aspetta Eddy Cue, vicepresidente di Apple, responsabile delle operazioni Internet e dei servizi, l’uomo responsabile di  iTunes, l’App Store, Siri, Apple Pay, iCloud e molto altro ancora, uno dei cervelli operativi dell’azienda di Cupertino, strettissimo collaboratore di Tim Cook e anima musicale della “mela morsicata”. “Lavoro alla Apple da 27 anni, e posso dire a ragion veduta che siamo sempre stati interessati alla musica, anzi, la musica è nel nostro DNA”, dice seduto sul divano al centro della stanza. E lo sa bene. Era al fianco di Jobs quando lanciò l’iPod, il lettore mp3 che ha cambiato la Apple, il mercato della musica e aperto la strada all’iPhone e al nuovo mondo mobile. Chi meglio di lui può dirci da che parte sta andando la Apple, soprattutto nel campo della musica?

“Da che parte andiamo oggi?”
Beh, verso l’esperienza umana. La tecnologia ha completamente cambiato la musica negli ultimi venti anni ma quello che si è perso, almeno in parte è l’esperienza umana. Noi ci stiamo concentrando su questo, perché se è vero da una parte che l’esperienza dell’ascolto radiofonico non è più la stessa di un tempo è anche vero che i ragazzi ascoltano le radio Internet si trovano ad ascoltare solo delle playlist. Noi vorremmo trovare il punto d’equilibrio tra la necessaria quota di tecnologia che oggi serve e quella d’intervento umano. Beats 1, la nostra radio, è il lato umano, è live, ha dei conduttori che scelgono liberamente la loro musica, interagisce direttamente con chi ascolta. C’era un vuoto e noi lo volevamo riempire, abbiamo iniziato e continueremo su questa strada”.

Quello della musica è un mercato ancora in evoluzione…
“Si, e questo non è che l’inizio, il mercato continuerà ad evolvere, ora c’è lo streaming poi forse arriverà altro, ma quello che non cambia è che la gente ascolta sempre più musica e che c’è spazio per ulteriori innovazioni e per aiutare la musica. E in questo Apple può fare molto, soprattutto per i giovani artisti che vogliono farsi conoscere. E’ un mercato costantemente in movimento e ci sono delle tremende opportunità”.

Apple Music è un prodotto ibrido, che contiene lo streaming, il download, il video, il social. Qual è il piano di Apple per il dominio nel mercato della musica?
“La ragione per cui ci muoviamo sul mercato della musica è che possiamo aver un ruolo, se possiamo fare qualcosa per aiutare la musica a crescere noi lo faremo. Non facciamo tonnellate di quattrini con la musica, quello che cerchiamo di fare e di offrire la migliore esperienza musicale possibile, attraverso i nostri device, attraverso i nostri servizi, anche attraverso un festival come quello che si sta svolgendo proprio qui, a Londra, in questi giorni. Un festival dove il marketing non è ammesso, non ci sono spot, non c’è un simbolo di Apple da nessuna parte nel teatro. C’è solo la musica e la nostra passione”.

Come nella distribuzione planetaria e gratuita dell’ultimo album degli U2? Dopo un anno qual è il bilancio? Positivo o negativo?
“Il bilancio è sicuramente positivo e, certamente, non in termini economici. E’ stata una combinazione tra la nostra voglia di arrivare con la musica a tutti e la loro voglia, soprattutto di Bono, di far sentire le loro nuove canzoni al maggior numero possibile di persone, arrivando soprattutto a quelle giovani generazioni alle quali magari la musica degli U2 non è mai interessata. Lo abbiamo fatto e da questo punto di vista è stato un grande successo”.

Non tutti hanno gradito il regalo…
“Si, alcuni non hanno apprezzato il fatto di trovarsi l’album degli U2 automaticamente nelle librerie, avrebbero voluto scegliere se mettercelo o no. E’ evidente che  avremmo potuto fare diversamente, ma non c’è nessuno che non sbaglia mai…”.

Si può dire che è con la musica che la Apple è diventata quella che è oggi. Partendo dall’iPod tutto nella vostra azienda  è cambiato. Ve ne siete resi conto subito che quel lettore mp3 era il mattone sul quale stavate fondando la nuova Apple?
“Ovviamente no, non puoi immaginare cose del genere quando stai facendo un nuovo prodotto. Sapevamo di avere per le mani una cosa bella, ma nulla è importante fino a quando la gente non ci mette le mani sopra e decide cosa fare di quell’oggetto. Ma sapevamo che avevamo qualcosa che andava nella direzione giusta, ricordo il feeling che ho avuto la prima volta che ho usato iTunes ed è lo stesso feeling che ho adesso quando ascolto Beats1″.

Bene, la musica non vi farà fare tonnellate di quattrini, ma è un driver importante per i prodotti che fate. E’ nel cuore dell’iPhone, il nuovo iPad Pro con i suoi quattro speaker ha un audio superiore al passato, è nella Apple Tv…
“Costruiamo prodotti con la musica in mente e vediamo molto del nostro lavoro attraverso le lenti della musica. C’è musica in azienda, una volta al mese nel nostro campus c’è una band che suona, la cerimonia di addio a Steve Jobs l’abbiamo fatta con i Coldplay e Norah Jones ed è stata davvero intensa. Abbiamo sempre avuto la musica al centro, e lo abbiamo fatto partendo da chi produce musica, quando lavoravamo con l’interfaccia Midi, creando Logic Pro o Garageband, aiutando la creazione della musica, aiutando gli artisti a creare. Ed è questo ci motiva ancora oggi. Perché alla fine il nostro scopo resta quello di cercare di rendere migliore la vita della gente”.

In molti non ci credono…
“Questo ha a che fare con il nostro successo. Quando sei piccolo in molti tendono a credere che le cose che fai le fai con una motivazione giusta, quando sei grande accade esattamente il contrario. Ma noi non siamo cambiati, lo facciamo sempre con la stessa motivazione di quando non avevamo il successo odierno”.

E come siete ci siete riusciti?
“Mantenendo il focus del nostro lavoro molto chiaro. Lavoriamo su pochi prodotti cercando di raggiungere l’eccellenza, facendo quello che sappiamo di poter fare bene, cose che possano essere uniche, speciali. E mantenere il focus vuol dire saper dire di no, dire di si è molto più facile”.

Avete cambiato i mercato della musica e quello dei telefoni cellulari. Ora è il momento dell’iPad Pro, che vuole dare un colpo definitivo al mercato dei pc e mettere piede in quello della tv.
“Non è possibile sapere prima quale effetto farà sul mercato un device nuovo. Diciamo che a mio parere è così, che l’iPad Pro potrebbe cambiare lo scenario del computing, perché ha le caratteristiche giuste per farlo, e ha uno schermo che permette di vedere i programmi tv e i film in maniera migliore. Ma non siamo noi a poter decidere del successo di un device, sarà la gente che una volta che lo proverà stabilirà quale uso farne. Quello che so è che lo si deve provare per capirne il potenziale, non basta fare uno spot in tv per spiegare esattamente cos’è, cosa potrebbe essere”.



Lei è alla Apple dalla fine degli anni Ottanta. Quanto e come è cambiata l’azienda dopo la morte di Jobs?
“Molto è cambiato, ma la cosa più importante è che non sono cambiati i principi attorno ai quali l’azienda continua a muoversi. Ma se c’è una cosa alla quale Steve teneva molto era che l’azienda avesse dentro di se la possibilità di crescere e andare avanti dopo di lui, ne avevamo parlato spesso. Non pensavamo di doverci confrontare con una realtà simile così presto, ma per noi oggi lo scopo resta lo stesso, fare in modo che la Apple vada avanti nella maniera migliore e più giusta anche dopo di noi. Detto questo dei cambiamenti ti rendi conto dopo che sono avvenuti e oggi possiamo dire che l’azienda è diversa, anche nel suo essere “role model” per altre aziende. Tim Cook è una persona fantastica, è arrivato dopo Steve ma non si è mai posto il problema di essere come lui. Del resto Steve mi aveva sempre detto “non chiedetevi mai cosa avrei fatto io” e così è stato. E per me è stato facile, non lo facevo neanche prima”.

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