2017-02-09

Al via la mostra dedicata alla genetica, fino al 10 febbraio. Un viaggio tra reperti storici, video, installazioni interattive e cartoon

di ANNA LISA BONFRANCESCHI

FINO ai primi del Novecento sarebbe rimasto un genio misconosciuto, ignorato, completamente dimenticato. Tanto che egli stesso, Gregor Johann Mendel (1822-1884), abate di Brno, in Moravia, avrebbe finito per abbandonare gli studi che tanto lo avevano entusiasmato nel giardino del suo monastero. Peccato, avrebbe scritto poco prima di morire a un amico, che nessuno avesse preso in seria considerazione le sue ricerche. Eppure Mendel sarebbe passato alla storia come il padre della genetica, perché lì, nel suo monastero, incrociando per anni piante di piselli, aveva scoperto le leggi che regolano la trasmissione dei caratteri ereditari. Trasformando completamente il nostro modo di intendere la natura e gettando le fondamenta della strada che negli anni a venire avrebbe portato alla medicina personalizzata, all’ingegneria genetica, alla terapia genica, alla biologia sintetica, alla genetica forense. Una strada lunga più di 150 anni e a cui è dedicata oggi la mostra “Dna. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica” dal 10 febbraio al 18 giugno al Palazzo delle Esposizioni a Roma.

“La figura di Mendel, – racconta Telmo Pievani, filosofo e storico della biologia all’Università degli studi di Padova, che insieme a Bernardino Fantini, Sergio Pimpinelli e Fabrizio Rufo ha curato la mostra, – è particolarissima, un misto di genio e di sfortuna: con i suoi studi anticipò i tempi, ma lavorava in una zona marginale allora, con scarse possibilità di essere notato per i suoi lavori, e anche quando provò a pubblicizzarli, spedendo compendi delle sue ricerche in giro per l’Europa, nessuno lo prese sul serio”. La storia di quegli anni rivive nella prima parte della mostra mostrando reperti originali di Mendel, come gli occhiali, il suo microscopio, i suoi manoscritti, concessi grazie alla collaborazione del museo di Brno, fino a raggiungere poi i primi del Novecento e la nascita della genetica come vera e propria disciplina.

Un’avventura che si snoda attraverso le scoperte quindi di Thomas Hunt Morgan, il genetista statunitense famoso per i suoi esperimenti sulle drosofile, i moscerini della frutta (a ricordarlo nel percorso espositivo due giganteschi moscerini mutanti, realizzati dall’artista Lorenzo Possenti), e agli studi che hanno portato a scoprire come i cromosomi siano i custodi fisici dei geni. Una rivoluzione che è possibile toccare con mano nel bosco dei cromosomi: un’installazione interattiva con 23 tronchi (quante sono le coppie di cromosomi nelle cellule umane), che si illuminano mostrando il ruolo dei singoli geni nel nostro corpo e come questi influenzano il nostro aspetto.

La mostra ripercorre poi gli anni del secondo dopoguerra, con le scoperte di James Watson, Francis Crick, Rosalind Franklin, che avrebbero portato alla nascita della genetica molecolare, come testimonia il primo modellino da tavolo della doppia elica e le lastre a raggi X originali che mostravano la struttura del Dna. “Ma la parte storica onora anche una figura di spicco della genetica italiana, quella di Nazareno Strampelli, l’agronomo che sperimentò le tecniche di ibridazione sul grano, portando alla nascita di diverse varietà di frumenti”, continua Pievani.

Perché la genetica non è stata solo conoscenza. “Le applicazioni odierne degli studi iniziati da Mendel sono innumerevoli, basti pensare alla genetica medica, alla genetica forense che permette di identificare le tracce lasciate sul luogo del delitto, all’estrazione del Dna da specie ormai estinte che ci permettono di ricostruirne la storia e l’aspetto, fino a spingerci all’idea più fantascientifica di riportarli in vita”, spiega Pievani. Un racconto che prende vita attraverso la scena del delitto ricreata per la mostra dalla Polizia Scientifica, il cranio originale di un Neanderthal e la ricostruzione Ljuba, il cucciolo di mammut rinvenuto tra i ghiacci della Siberia. “Ma abbiamo voluto toccare anche temi controversi all’interno della mostra: la clonazione, mostrando il vello e la maschera funeraria della pecora Dolly, le frontiere dell’editing genomico, che ci permettono di modificare il genoma come le bozze di un libro e ancora le promesse della biologia sintetica, limitandoci a raccontare cosa fa e cosa potrebbe fare la scienza mescolando linguaggi molto diversi tra loro”, conclude Pievani.

Per tutta la durata della mostra sono previsti anche una serie di incontri di approfondimento sul mondo del Dna condotti dai maggiori protagonisti della ricerca scientifica in Italia e all’estero (Il programma).

Argomenti:

genetica

palazzo delle esposizioni

dna

Protagonisti:

Telmo Pievani

Bernardino Fantini

Sergio Pimpinelli

Fabrizio Rufo

Thomas Hunt Morgan

Lorenzo Possenti

James Watson

Francis Crick

Rosalind Franklin

Gregor Johann Mendel

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